Il tecnico della Roma, Ivan Juric, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della delicata sfida casalinga contro il Torino, in programma domani alle 20:45.
Ivan Juric, allenatore della Roma, è intervenuto in conferenza stampa alla vigilia della delicata sfida dell’Olimpico contro il Torino, in programma domani, giovedì 31 ottobre, alle ore 20:45.
Sarà una gara speciale per il tecnico croato che incrocerà il suo passato. Juric infatti si è seduto sulla panchina del club granata dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2024 collezionando 122 gare con una media di 1,40 punti per partita.
Oltre al passato, l’ex Toro dovrà sfidarsi anche con il suo futuro: l’allenatore giallorosso è in bilico a causa della pesante sconfitta con la Fiorentina. La sua conferma, momentanea e dipendente dai prossimi risultati, sulla panchina della Roma passa dalla gara interna contro il Torino.
Il crollo contro la Fiorentina?
“C’è proprio un crollo emotivo dal mio punto di vista, vedendo bene immagini e tutte le cose. Penso che dopo 40 giorni di un buon lavoro, non eccellente ma buono, dove ci sono state tante buone prestazioni, mi aspettavo un grande passo in avanti, invece per me è successo proprio un crollo totale, che ha un senso e può essere anche una svolta in positivo.
Quando succede è meglio perdere così che perdere 1-0 e nascondere qualche problema che cova già da anni o da tempo. Se raccogliamo bene tutto quello che è successo può essere veramente una svolta, come magari è stato per Milan quando ho preso 5 gol da Atalanta con Pioli. Anche lui disse che hanno capito le cose e hanno cominciato a lavorare in direzione giusta”.
Come si prepara la sfida col Torino?
“Il Torino penso ormai sia consolidato, penso che abbiamo fatto un bel lavoro là tre anni, Vanoli adesso sta facendo di nuovo bene, ci sono tanti giocatori cresciuti che stanno bene, che hanno fatto bene e stanno facendo un buon campionato. La squadra è di valore, di idee, bisogna stare molto attenti su tutti i particolari, sia tatticamente, soprattutto noi secondo me a livello emotivo bisogna essere preparati”.
Aria da fine ciclo?
“Non ci penso proprio, mi sembra che mi fate queste domande ciclicamente, per cui non mi preoccupo, faccio il mio lavoro, quello che succede, succede, sapendo di cose fatte bene, cose che potevo fare meglio. Io penso che la rosa della Roma non si può permettere esclusioni assolutamente, anzi bisogna portare tutti dentro, più possibile, capire il significativo di maglia, di posto, di quello che bisogna fare, di tutte le cose. Non escludere, ma convincere in questo momento, perché non è il momento di mercato di niente, non convincere, però far presente quello che bisogna fare in questo momento”.
Pensa che i calciatori abbiano qualcosa, magari contro di lei, contro De Rossi? Cosa c’è, oppure perché volevano un altro allenatore? Cosa c’è di accumulato?
“No, ripeto, ho detto che c’erano litigi, scontri, però tutte le cose rimangono tra di noi. Assolutamente non ne voglio parlare di questo”.
Che verità si devono dire i calciatori tra di loro o a lei?
“Penso che ci siamo detti la verità, forse all’inizio in modo brusco, ma poi in modo più ragionevole. Dal mio punto di vista, io sono l’allenatore e devo concentrarmi sul mio ruolo: allenare, preparare la squadra e la partita. Il medico deve occuparsi della salute dei giocatori, mentre i giocatori devono scendere in campo e dare il massimo.
Per me è molto semplice: arriva la partita, io penso solo a come fare il mio lavoro al meglio, alla tecnica, alla posizione del corpo, alla concentrazione. Il mio obiettivo è mettere la squadra nelle condizioni migliori per giocare bene. La definizione dei ruoli è fondamentale. Ognuno di noi ha un compito preciso e deve concentrarsi su quello, senza distrazioni”.
Sono emerse diverse vedute tattiche coi calciatori?
“In sette partite si è parlato tanto del modo di giocare, ma in queste sette partite abbiamo subito solo cinque gol. Se faccio un paragone con il Torino, l’anno scorso il Torino, giocando in questo modo, ha subito 36 gol, mentre la Roma ne ha presi 46 giocando in modo diverso. Per me sono solo scuse: se i giocatori non sono convinti, possono tranquillamente dirmelo, e io me ne vado.
Ma non è così; sono convinti e vogliono fare bene, analizzando gli errori fatti a Firenze e cercando di migliorare, perché questo sistema di gioco porta molti benefici. Hanno tutte le qualità per riuscire sia nella fase di possesso sia in quella di non possesso, quindi non vedo nessun tipo di problema”.
Ha sentito i Friedkin in questi giorni?
“Sì, con il presidente ci siamo sentiti e abbiamo parlato di tutto in modo positivo, secondo me. Queste sono tutte cose che rischiano di distogliere l’attenzione dal campo. Rimango della mia idea: io devo allenare, il medico deve prendersi cura dei giocatori, e i giocatori devono giocare. Come ho detto il primo giorno, arrivando qui e vedendo tutta l’organizzazione e ciò che c’è intorno, non noto alcuna mancanza.
Preferisco così: prendere decisioni, avere la responsabilità data dalla società – a me, al direttore, ai giocatori – per fare il nostro lavoro. Dobbiamo ottenere risultati, e tutto il resto è solo una distrazione. Ognuno deve fare il proprio compito, lavorando sodo e con grande umiltà. Credo che questa sia la giusta cura per uscire da situazioni difficili. Dopo una sconfitta, si chiariscono bene le cose, e questa è la mia visione”.
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