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Roma, Mancini: “Pellegrini e Cristante andranno via? Penso solo a me stesso”

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Roma, Gianluca Mancini

In una lunga intervista al quotidiano Il Tempo, il difensore centrale Gianluca Mancini ha analizzato l’ultimo anno di Roma a pochi giorni dal derby.

L’ultimo anno, per la Roma e per Gianluca Mancini, è stato molto travagliato: 3 esoneri, da Mourinho a Juric, fino al nuovo allenatore Claudio Ranieri.

In un’intervista rilasciata a Il Tempo, il difensore centrale ha fatto ordine nei pensieri, tra passato e presente, in vista della sfida più sentita di ogni campionato: quella del Derby di Roma contro la Lazio. Sfida il cui precedente è stato positivo per i giallorossi proprio grazie a un gol di Mancini.

Ecco che cosa ha dichiarato nell’intervista al quotidiano.

Roma, l’intervista a Gianluca Mancini

Il 2025 inizia con il derby, quali sono le sensazioni in vista di questa partita?
“È una partita particolare. Non c’è un avvicinamento diverso per ogni derby, ma è una settimana particolare, si sente subito dagli allenamenti, è nei pensieri da quando ti svegli fino a quando vai a letto. Durante la giornata pensi ‘devo stare attento, c’è il derby’. L’avvicinamento alla partita ti porta carica e voglia di far bene”.

Nell’ultimo derby ha esultato con una bandiera della curva e si sono scatenate polemiche. Che accoglienza si aspetta?
“Se ci saranno fischi saranno normali. Quando sei in campo non ci pensi. Anche nei derby precedenti c’è stato un po’ di accanimento nei miei confronti, la vivo in maniera serena. Anzi, mi fa stare più concentrato”.

Come ci arriva la squadra?
“Il mister è arrivato e ha portato quella serenità che purtroppo in questo fine 2024 era venuta a mancare. Mi sentivo nervoso, sapevo che non stavo facendo bene il mio lavoro e l’aria dentro lo spogliatoio era pesante. Già guardandolo e vedendolo arrivare dentro lo spogliatoio ci ha fatto buttare un po’ giù la tensione e l’aria adesso è positiva. A parte lo scivolone che abbiamo avuto a Como, abbiamo fatto delle partite buone”.

Il 2024 è stato un anno particolare. Il primo momento difficile è stato l’esonero di Mourinho…
“L’esonero del mister è arrivato in un momento delicato. Eravamo usciti in Coppa Italia con la Lazio, poi la sconfitta con il Milan. Venivamo da un periodo di emergenza, stavo male ma giocavo perché c’era Smalling infortunato e N’Dicka in Coppa d’Africa. L’esonero del mister è stato inaspettato.

Una mattina sono andato a Trigoria e ci hanno comunicato che non era più il nostro allenatore. L’ho aspettato fino all’ultimo per salutarlo perché non riuscivo ad andarmene via. È stato un saluto abbastanza freddo, eravamo entrambi molto scossi. Però l’ho abbracciato, l’ho ringraziato per quei due anni e mezzo che mi hanno dato una persona e un allenatore splendidi. Nemmeno nei miei sogni da piccolo potevo immaginare di essere allenato da una leggenda come lui”.

Dopo Budapest ha fatto bene a rimanere?
“Non lo so. A inizio stagione lo avevo visto carico e sereno. Poi lui ora ha detto questa cosa (di essersi pentito di essere rimasto a Roma, ndr), magari a mente fredda, ripensando a tutto quello che è successo. Però in quei primi sei mesi sembrava tutto normale, anche se non era il solito Mourinho”.

Poi è iniziata l’era De Rossi, finito con un esonero ancora più inaspettato…
“Da quando è arrivato a gennaio e fino alla partita di Leverkusen abbiamo spinto tanto. In tre mesi abbiamo fatto un percorso importante perdendo solo con l’Inter e facendo una rincorsa difficile per il quinto posto che sarebbe valso la Champions. Dopo quella partita ci è caduto il mondo addosso, perché potevamo fare un’altra finale nel giro di tre anni.

Dopo Leverkusen eravamo sotto terra, la gente faceva fatica a fare la doccia, ad andarsene dallo stadio. Io fui l’ultimo ad uscire con Pellegrini, il mister e Spinazzola. Siamo arrivati alla fine della stagione un po’ zoppicando, avevamo finito la benzina. Quest’anno siamo ripartiti con il ritiro, con nuovi giocatori giovani e forti, abbiamo cambiato tanto.

Con De Rossi c’era un progetto di tre anni e vederlo andare via dopo quattro giornate è stato un trauma per me, per la squadra, per il gruppo, per i giocatori che erano venuti perché era lui l’allenatore. Ci sono state delle decisioni societarie sulle quali noi calciatori non entriamo nel merito, perché, sembra una frase fatta, ma i calciatori fanno i calciatori, le scelte le prendono i presidenti. Quel giorno è stato un giorno veramente triste, traumatico per il gruppo”.

Ci racconta i retroscena di quei giorni e di quelle riunioni con la società?
“Ci sono state delle riunioni con qualche giocatore, però non ci è mai stato chiesto dell’allenatore. Abbiamo fatto una semplice riunione dove ci veniva chiesto il motivo per la quale in quelle prime quattro partite avevamo fatto solo tre punti. Ai più esperti era stato chiesto se ci fossero problemi nello spogliatoio anche con i nuovi arrivati.

Dopo queste riunioni ci siamo confrontati per capire se a tutti erano state chieste le stesse cose, ed è stato così. Dopo un giorno libero tornammo a Trigoria e mentre stavo facendo le analisi del sangue e ho letto sul telefono la notifica che era stato esonerato De Rossi. Siamo rimasti tutti stupiti. Nello spogliatoio tanti nuovi avevano gli occhi spalancati.

Noi che stiamo da più tempo qua a Roma abbiamo fatto gruppetto e siamo andati a chiedere spiegazioni, il direttore (Ghisolfi, ndr) e l’ex Ceo ci hanno detto che la decisione era stata presa per il bene della Roma, quello che hanno scritto nel comunicato. Abbiamo detto ai compagni che la decisione era questa e bisognava andare avanti per il bene di tutti e della Roma”.

C’erano avvisaglie di questa crisi tra De Rossi e Souloukou?
“Si vedeva il gruppo che cresceva, che i giocatori arrivavano felici ed entusiasti e De Rossi era carico per il lavoro fatto. Sinceramente non ho avvertito frizioni tra loro, quando due persone sono in conflitto si nota, ma nulla sembrava portare a un esonero così brusco”.

Poi è stato il momento di Juric. Che impatto ha avuto?
“Abbiamo iniziato bene vincendo le prime gare. Juric è arrivato e, come ha detto tante volte lui, ed è la verità, ci ha chiesto come stavamo e noi, schietti e sinceri, abbiamo detto ‘male’, eravamo delusi e lui ci ha detto: “Mi fa piacere la vostra sincerità”. Si è presentato bene, ha cercato di tirarci su mettendo in pratica il suo modo di giocare. Con una squadra che secondo me che non era pronta a questo stravolgimento tattico.

Salutandoci dopo l’ultima partita con il Bologna me l’ha confidato: ‘Potevo magari alleggerire questo modo di pressare uomo contro uomo’. La squadra ha cercato di fare quello che ci chiedeva. Sono stati due mesi di tantissimi bassi e pochi alti che hanno compromesso tanto la classifica. Però ci sono sempre sei mesi da giocarci e lo faremo al massimo”.

C’è stato un dialogo con lui per cambiare qualcosa?
“No, il suo credo è rimasto lo stesso. Cercavamo di seguirlo, ma non eravamo pronti a questo stravolgimento tattico. Cambiare tre allenatori nel giro di otto mesi con idee diverse è difficile. Non è una scusa, non è un alibi, ma è molto difficile”.

Cosa è successo nello spogliatoio a Firenze?
“Ci sono state delle discussioni, non mi nascondo. La Fiorentina ci ha massacrati e quando prendi cinque gol da qualsiasi squadra entri nello spogliatoio e sei un fiume in piena, vorresti buttare giù muri. Però poi ci siamo riuniti tutti e ci siamo detti ‘questa è la strada che il mister vuole prendere e andiamo dritti’. Volevamo seguire davvero l’allenatore”.

Dopo quel pesante ko c’è stato un confronto con i tifosi, come lo hai vissuto?
“È stato giusto. Uscendo da Trigoria c’erano dei tifosi mi sono fermato dicendogli la verità. In quel momento nessuno di noi calciatori era contro Juric. Ma la discontinuità di quelle settimane ti faceva pensare di non arrivare mai. Quando torni a casa non puoi dire ‘vabbè, a Trigoria è andata così e a casa sono sereno’. Stai male, anche perché ci sono sempre i tifosi che ti vengono dietro, anche se le cose non vanno bene e non riuscire a ripagarli fa stare male”.

Quanto ci ha messo Ranieri per ridarvi serenità?
Vederlo aprire la porta ed entrare nello spogliatoio mi ha fatto fare un sospiro di sollievo, ha portato serenità a livello tattico e tecnico. Le sconfitte contro Napoli e Atalanta ci hanno dato consapevolezza.

Anche le partite con Tottenham e Braga ci hanno portato quella serenità di cui parlavo ed è una cosa importante, come anche la vicinanza del pubblico. Roma è una piazza calorosa, il 60-70% di vittorie in casa passa dai tifosi, perché sentire lo stadio avvelenato a tifare contro di noi non è facile”.

Come hanno vissuto i senatori la contestazione? In particolare Pellegrini e Cristante. Pensi che davvero possano lasciare Roma?
“Sono stati giorni difficili per tutti, non solo per i ‘senatori’, come li chiamate voi. Non è una parola che ci piace, si sente solo a Roma. Non sei leader perché sei da più tempo alla Roma, qui ci sono leader già dopo sei mesi. Il momento della contestazione è stato brutto per tutti, poi è chiaro che i ragazzi più vecchi come me, Bryan e Lorenzo la viviamo in maniera diversa perché ci sentiamo più responsabili.

Sapevamo che i risultati erano brutti e che i tifosi erano liberi di contestare. Se Bryan e Lorenzo andranno via non lo so, penso a me stesso. Posso dire che sono più sereni loro come tutta la squadra. Siamo molto amici, non lo nascondo, gli voglio un bene dell’anima. Spero con tutto il cuore che le cose migliorino per tutti”.

Vede una luce in fondo al tunnel per Pellegrini?
“Lorenzo in allenamento è sempre un esempio, anche se sta giocando meno, si allena sempre al massimo e col sorriso per mettere in difficoltà il mister. È pronto per combattere per la sua squadra del cuore alla quale tiene tantissimo, si arrabbierà ma è la verità (ride, ndr)”.

Quali sono gli obiettivi della stagione?
“Facciamo il meglio possibile sapendo che è difficile contro chiunque e la partita di Como lo ha dimostrato. Se abbassi un attimo il livello e ti ‘addormenti’ le prendi da tutti. Quindi viviamo domenica dopo domenica sapendo che dobbiamo dare il 110% senza abbassare mai la guardia”.

Cosa ha portato l’esperienza di Hummels alla squadra e in particolare alla difesa.
“L’ho definito il Professore. Abbiamo alcuni anni di differenza, mentre ero in campeggio lui giocava la finale del Mondiale nel 2014. In campo ha delle letture in pochi hanno.

Contro il Tottenham ha fatto una scivolata che io non avrei mai pensato di fare, anzi magari se ci provo mi fischiano sei rigori contro (ride, ndr). Lui invece era sereno, un intervento pulito. Mi sono girato e gli ho detto ‘tu sei pazzo”. Lui rideva”

Le dà fastidio essere uscito dal giro della nazionale? Ha più sentito Spalletti?
Dopo l’Europeo non ci siamo più sentiti. Lo ringrazierò sempre per la possibilità di aver partecipato agli Europei anche se non sono andati bene. È sempre stato schietto con me e molte volte anche se non mi aveva convocato mi chiamava se c’era bisogno e io ho sempre dato la mia disponibilità. La Nazionale è il sogno di ogni bambino. Vediamo cosa accadrà, lui ha sempre detto di non voler chiudere le porte a nessuno”.

Si parla tanto dei nuovi acquisti, come si concilia l’esigenza di risultati con il tempo di ambientamento dei giovani?
“In Italia non c’è tempo. In teoria tutti hanno bisogno di tempo, basta guardare le difficoltà che hanno attraversato Klopp e Arteta in Inghilterra prima di arrivare a grandi risultati. Il tempo dovrebbe esserci ma di fatto non c’è”.

Dopo un’estate difficile ora Dybala sembra tornato sui suoi livelli.
Paulo non ci ha mai detto di voler andare via. È stato importante che sia rimasto, eravamo molto felici. Credo semplicemente che ora stia bene fisicamente, è giusto che quando sta male non giochi. Spero continui ad aiutarci a vincere le partite facendo cose straordinarie come il gol di San Siro”.

Ranieri ha detto che l’obiettivo a lungo termine è di vincere lo scudetto con i Friedkin, cosa ne pensa?
I presidenti tengono alla Roma, lo dimostrano i fatti. In estate hanno fatto una grande campagna acquisti con giovani importanti che sono la base per il futuro. Sono presenti, quando vengono parlano con noi calciatori. Per arrivare a vincere uno scudetto c’è bisogno di un percorso importante, non è facile quanto a dirlo. Devi costruire una mentalità forte, non a parole, ma con i fatti.

Con Mourinho lo abbiamo fatto in Europa con le due finali e la Conference che ci hanno reso una realtà solida in campo internazionale. Vincere quella coppa non era affatto facile, e purtroppo Budapest ci ha impedito di avere quella spinta per arrivare a giocartela per il campionato. Vincere dà consapevolezza, come sta accadendo per l’Atalanta dopo l’Europa League.

Nelle coppe abbiamo fatto partite meravigliose, dove dicevi ‘oggi la Roma vince, non ce n’è per nessun’ e siamo arrivati sempre in fondo. Se avessimo vinto a Budapest avremmo avuto quella fame per lottare per lo scudetto”.

Cosa significa Roma per lei? Vuole chiudere qui la carriera?
“Non ci penso. Mi vivo il percorso che ho fatto da quando sono arrivato, sono grato ai tifosi che mi sostengono, vedo che mi vogliono bene. Il mio modo di fare è genuino sia in campo che fuori, cerco sempre di dare il massimo per questa maglia e per questa gente. Mi danno sempre qualcosa in più per fare bene. Io e la mia famiglia amiamo questa città e sono felice qui. Ho altri due anni di contratto e voglio godermi ogni momento sperando che le cose possano migliorare”.

Si è parlato di Napoli per lei già a gennaio…
L’ho letto ma non c’è nulla di vero. Il mio procuratore non mi ha mai detto nulla e sa quello che penso”.

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Fiorentina, i sogni restano mostruosamente proibiti?

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La Fiorentina esce sconfitta con un netto 3-0 contro il Napoli di Conte e i sogni di alta classifica potrebbero restare tali.

Una sconfitta dolorosa, pesante, un po’ esagerata nelle dimensioni vista la prestazione dei ragazzi di Palladino, ma indiscutibilmente meritata.

La Fiorentina bella, compatta, convinta di un mese fa, non c’è più.

Quel maledetto primo dicembre è stato uno spartiacque di questo girone di andata gigliata. Prima due mesi da sogno… con qualcuno che già vedeva un tricolore cucito sulle maglie la prossima stagione. Una Fiorentina rocciosa in difesa, di corsa ed eleganza in mediana, e spumeggiante in attacco ha lasciato il passo ad una Viola stanca, che necessariamente ha iniziato a cedere nelle certezze davanti a De Gea e che in attacco non può reggersi solo sui gol di Kean.

Tutto ciò per quanto Bove avesse strabiliato tutti per le sue doti di corsa ed equilibratore non si può imputare solo alla sua assenza.

Probabilmente Palladino ha in mano una rosa che, dopo un avvio stentato, ha corso oltre i propri limiti e ora deve tirare il fiato. Lo stesso tecnico si ha la sensazione che nelle ultime gare abbia dovuto gestire le forze rimaste, con qualche scelta obbligata.

Sogni di alta classifica svaniti allora? Non del tutto, se la società saprà intervenire con forza e oculatezza in qualche ruolo chiave. In classifica, chi è davanti è destinato a scappare, ma intorno e dietro alla Fiorentina ci sono tutte squadre, che con difficoltà diverse, con cui i gigliati possono concorrere per il raggiungimento di una competizione europea più blasonata della Conference League.

Le prossime risposte, oltre dal mercato, dovranno essere date da tre punte di diamante del mercato estivo: Pongracic, Gudmundsson e Colpani. Tutti e tre per motivi diversi stanno deludendo, soprattutto dall’islandese la società viola si aspetta quelle prestazioni e quei gol per una Fiorentina ancora d’alta classifica.

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Lecce-Genoa, le ultimissime sulle formazioni

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Lecce-Genoa

Lecce-Genoa, match valido per la 19^ giornata di Serie A 2024/25, si giocherà allo stadio Via del Mare domenica 5 gennaio alle ore 15.00.

La 19^ giornata della Serie A 2024/25 offre Lecce-Genoa. uno scontro cruciale per la lotta salvezza.

Entrambe le squadre cercano una salvezza tranquilla, e uno scontro diretto come questo può rivelarsi un’ottima occasione per conquistare punti preziosi

I salentini sono feriti dopo la sconfitta rimediata a Como e vogliono fare punti davanti al proprio pubblico. Il Grifone, dopo aver conquistato il successo a Empoli, vuole continuare a fare bene lontano da Marassi

Di seguito la designazione arbitrale e le probabili formazioni.

Lecce-Genoa, Giampaolo

Marco Giampaolo ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La designazione arbitrale

ARBITRO: MARINELLI

ASSISTENTI: BERTI – FONTEMURATO

IV: COSSO

VAR: MARIANI

AVAR: DI VUOLO

Lecce-Genoa, le probabili formazioni

LECCE (4-3-3): Falcone; Guilbert, Baschirotto, Jean, Gallo; Coulibaly, Pierret, Rafia; Dorgu, Krstovic, Morente. All. Giampaolo.

GENOA (4-3-3): Leali; Sabelli, Bani, Vasquez, Martin; Thorsby, Badelj, Frendrup; Zanoli, Pinamonti, Vitinha. All. Vieira.

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Roma, Konè: “Con la Lazio sarà battaglia. Ho percepito da subito l’amore dei tifosi. Su Ranieri…”

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Il centrocampista francese ha parlato del suo impatto con la Roma e delle sue aspettative, affrontando ovviamente anche il tema del derby.

In una stagione non all’altezza delle aspettative da parte della Roma uno dei migliori è stato, senza ombra di dubbio, Manu Konè. De Rossi lo ha voluto, ed ora Ranieri se lo gode. Il centrocampista francese ha parlato del suo momento a Il Romanista in una lunga intervista.

“In campo comincio a capire sempre di più”

“La comprensione dell’italiano sta andando sempre meglio, ma con i miei compagni continuo a parlare ancora in francese. Il tedesco? Meglio l’inglese. Se mi sono pentito di aver scelto la Roma? No, assolutamente (sorride, ndr). Questo è un grande club e sono molto orgoglioso di farne parte.”

“L’esonero di De Rossi è stato uno shock”

“Una delle ragioni per cui sono arrivato qui era il feeling che ho avuto sin da subito con De Rossi. A lungo mi ha spiegato su come mi avrebbe utilizzato, diceva che mi aveva seguito con molta attenzione nei Giochi Olimpici. Per lui ero il giocatore perfetto. Il suo esonero è stato traumatico, ma così va il calcio. Sono molto competitivo ma mi è dispiaciuto per lui. Comunque sia, sono venuto alla Roma in Serie A perché, come detto in precedenza, è un grande club.”

“Con Juric un passaggio troppo rapido”

“Quando è arrivato non abbiamo avuto molto tempo per parlare, ci siamo solo promessi di dare il massimo per noi e per i tifosi. Volevamo dimostrare sul campo quello che valevamo.”

“Il mio adattamento? Nessun segreto”

“E’ da quando ho lasciato la mia famiglia a 10 anni: sia in Francia che in Germania sono riuscito ad impormi con le sole mie forze. So che se lavorerò bene allora potrò dimostrare le mie qualità.”

MANU KONE IN AZIONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

“Da bambino sognavo di giocare allo Stade de France”

“Abitavo a 10 minuti da lì, e si vedeva da lontano. Spesso mi capitava per giocare per strada con bambini più grandi di me. In famiglia siamo 8, ma a Roma sono solo. Il mio papà ha giocato in Africa, e di due fratelli uno gioca da semiprofessionista e l’altro nei dilettanti.”

“Da piccolo ero tifoso del PSG”

“Il motivo è abbastanza ovvio, ma ero affascinato anche dal Real Madrid e seguivo con attenzione le gesta di Didier Drogba, anche per le sue origini ivoriane.”

“In pochi mesi molte tappe importanti della mia carriera”

“Dalle Olimpiadi fino all’esordio con la Nazionale francese, passando per la Roma: non è stato una sorpresa, ma una conseguenza del lavoro che avevo fatto. Sono uno a cui piace prendersi le proprie responsabilità. A volte si può sentire la pressione, ma in campo entro tranquillo perché so quello che posso fare.”

“Questo è il mio primo vero derby”

“In passato ne ho giocati altri, ma mai contro una squadra che faceva parte della stessa città. Capisco che è qualcosa di grande, ma veniamo da un ottima prestazione. Cercheremo di fare del nostro meglio. Quale esultanza farò se dovessi segnare? Ovviamente l’importante è vincere. Sono stato sorpreso dall’ammonizione dopo la mia esultanza contro il Lecce. Bisogna stare attenti.”

“Per me in campo non ci sono amici”

“Se ho parlato con Guendouzi? No no (ride, ndr). Ci saranno tanti francesi, ma in campo non si fa nessuno sconto. Sarà una battaglia.”

“Gol o assist? Ecco la mia scelta”

“Crescendo negli anni ho avuto sempre di più occasioni per segnare, ma per l’importante è fare la scelta giusta. Se un compagno è piazzato meglio di me, preferisco dargli la palla. Qualcuno si lamenta? No (ride, ndr), ma Artem vuole sempre il pallone, com’è giusto che sia.”

“Pellegrini? Un esempio per tutti noi”

“Con lui ho un rapporto molto bello. Mi ha accolto nel migliore dei modi, ed è uno di quelli che scherza di più con me. Si allena sempre forte ed è sempre pronto ad aiutare la squadra.”

“Un inizio complicato, ma ora siamo sulla strada giusta”

“Con tre allenatori diversi abbiamo fatto fatica a trovare il ritmo, ma adesso va sempre meglio: siamo coesi come gruppo. Obiettivi? Speriamo di arrivare il più in alto possibile per arrivare ad una qualificazione Europea. Se possiamo vincere l’Europa League? Sì.”

“I Friedkin? Dobbiamo rispondere sul campo”

“Noi li avvertiamo sempre vicini. Ci hanno messo nelle condizioni migliori per poter vincere, sta a noi dimostrarlo. Al momento ovviamente non sono contenti, ma dobbiamo rispondere alle loro attese per realizzare il loro progetto.”

“Ranieri? Una grande fortuna averlo come allenatore”

“Lo conoscevo già dai tempi del Monaco. E’ un grande tecnico, un allenatore molto esperto. La sua idea di calcio si rivela sempre vera. Cresciamo con i suoi consigli perché ci fa giocare bene.”

“Le Fèe? Deve continuare a lavorare forte”

“Lo conosco da 4 anni. Lo trovo un giocatore fortissimo, e ritrovarlo a Roma è stato un piacere. Sicuramente per lui è un momento difficile ma deve continuare ad aver pazienza. Lui ha l’atteggiamento giusto: lotta e si batte.”

“Resto a Roma? Qui ho un contratto molto lungo”

“Sin da subito ho percepito il loro amore, e questo ha facilitato senza dubbio il mio ambientamento qui.”

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