La sinergia tra Josè Mourinho e il dg Thiago Pinto, per il momento, stenta a dare risposte in casa Roma, creando più di qualche equivoco.
Da circa un anno è l’uomo che pianifica e concretizza i progetti di mercato della Roma. Dallo scorso novembre, quando la società giallorossa gli affidò le chiavi delle trattative, la galassia dei contratti e delle relazioni passa dalle mani di Thiago PInto, l’ex ds del Benfica che in quel di Lisbona affiancava Manuel Rui Costa.
Chi lo conosce, a partire da Nuno Gomes, ex attaccante della Fiorentina e ora dirigente del club portoghese, ha sempre sostenuto che a Lisbona l’attuale dg della Roma fosse un uomo molto vicino alle dinamiche di squadra. Rapporti allacciati tra l’ambiente e la società scandivano le sue giornate da dirigente ibrido, molto vicino anche al settore giovanile.
Catapultato lo scorso inverno nel mondo Roma, da luglio è lui che fa il mercato giallorosso, cercando di accontentare Josè Mourinho, un tecnico da sempre esigente, poco incline a far germogliare talenti, ma che predilige i prodotti finiti. Su queste basi è ripartita la nuova Roma di Friendkin, con una catena di comando abituata ai grandi palcoscenici.
Il primo mercato del duo lusitano, tuttavia, sta denotando qualche criticità e molti dubbi, in mezzo alle legittime aspettative. In entrata, l’acquisto di Tammy Abraham per 40 milioni di euro, è stata solo la punta dell’iceberg di una campagna volta a regalare alla Roma una rosa capace di raggiungere la zona Champions League.
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Se si parla acquisti, d’altro canto, citando Eldor Shomurodov, si ha l’esempio di un importante investimento (20 milioni di euro) per avere in rosa un giocatore para titolare che potesse far ruotare con Abraham. Le prestazioni dell’ex Genoa, tuttavia, fino ad ora hanno lasciato parecchio a desiderare in casa Roma.
Il grande equivoco tra i nuovi innesti, tuttavia, è quello di Matias Vina. Saltato da Dumfries in modo imbarazzante una settimana fa, nello 0-3 dell’Olimpico contro l’Inter, l’uruguaiano è giunto alla Roma
per 13 milioni di euro, con la speranza di vederlo far le veci di Leonardo Spinazzola. Il giocatore, che negli ultimi due anni è stato offerto in Italia a più squadre con scarso riscontro, è arrivato a titolo definitivo, e la voglia di puntare subito su di lui, nonostante i bene informati parlassero di sue prestazioni buone ma non eccellenti.La valutazione di Thiago Pinto è certamente legittima, tuttavia le prestazioni fin qui offerte lasciano pensare che l’azzardo sia stato e ad elevato coefficiente di rischio. Ammesso e non concesso, infatti, che le performance rimangano tali fino al termine della stagione, la Roma rischia di trovarsi in casa una alternativa esosa in panchina, e il grosso problema della difficoltà per eventualmente cederlo. L’opzione di un prestito con diritto di riscatto, in questo caso, sarebbe stata una via molto più percorribile e da costi contenuti.
Aprendo il capitolo cessioni, invece, due sono le situazioni che portano a dare un giudizio negativo. La prima riguarda Edin Dzeko, che ha lasciato la Roma dopo 119 gol segnati, e che ora sta riscoprendo una seconda vita all’Inter, dove non sta facendo rimpiangere Romelu Lukaku.
Per quanto riguarda Pedro, invece, ceduto alla Lazio convinti forse di aver rifilato ai rivali cittadini la cosiddetta sòla, ora sta facendo le fortune dei biancocelesti. Nei panni di un vero e proprio uomo squadra e capace di realizzare gol decisivi e di indirizzare le partite, dall’alto della sua esperienza internazionale, Pedro ha mostrato quel carisma che in casa Roma può vantare solo capitan Lorenzo Pellegrini.
Al di là delle discutibili e legittime operazioni, però, la luna di miele di Thiago Pinto a Roma sarà quanto più lunga tanto prima si uscirà da un equivoco di fondo, che il dg non potrà non sbrogliare insieme al suo connazionale Josè Mourinho, come spalla per una efficace sinergia di mercato nel futuro, e memore delle esperienze passate. Perchè al Benfica le fortune e i colpi di mercato avevano, e hanno tuttora, un nome e un cognome: Manuel Rui Costa.
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