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Sabatini: “Il mio calcio furioso e solitario”

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Salernitana, Sabatini

Walter Sabatini è un nome sempre attuale del calcio: ieri è uscito in tutte le librerie il suo memoir. Che racconta i suoi esordi e svela alcuni retroscena.

Nel suo libro Il mio calcio furioso e solitario, edito da Piemme, Walter Sabatini ricorda il proprio esordio in una squadra di calcio: “Mi proposero di far parte della loro squadra, il Tripoli (…) Quei ragazzi, valutata la mia destrezza, mi dissero che sarei stato il loro giocatore straniero.

Fui coinvolto col Tripoli in un meraviglioso torneo oratoriale, con vere magliette – nel nostro caso quelle della collezione Panini – arbitri, porte con le reti, insomma quanto di più si potesse avvicinare al calcio vero.

L’esperienza fu positiva: “Lo feci bene e mi divertii moltissimo. Erano tutti veramente forti e l’allenatore della Nestor Marsciano, Elio Grassi, maestro di calcio e di vita che si occupava anche delle giovanili, veniva a vedere le partite, selezionando tra di noi quelli che, a settembre, avrebbero cominciato a giocare nei campionati federali.

Un altro pezzo di realtà stava facendo irruzione nella mia vita, fino a quel momento onirica. Quindi, come fecero con tutti i calciatori, anche con Gianni Rivera o José Altafini, anch’io fui tolto definitivamente dalla strada, con mio grande disappunto perché ci stavo bene”.

Poi le cose andarono bene, al punto che Sabatini fu reclutato nella Primavera del Perugia: in Serie B, un salto di qualità. Da allora una velocissima ascesa, fino alla Serie A, alla quale fu promosso il Perugia nella stagione 1974-’75.

Giocatori di ieri e di oggi

Sabatini sottolinea le differenze tra i giocatori professionisti di oggi e quelli di ieri:Agli esordi nei professionisti in Serie B a Perugia, i calciatori, quelli di poco più grandi di me, si presentavano in ritiro già sposati e padri giovanissimi e si preoccupavano di avere sempre le tasche piene di gettoni telefonici per l’ecumenico contatto serale con moglie e figlio, di solito uno solo.

Il telefonino era di là da venire, non era difficile quindi trovare assembramenti di calciatori davanti alle cabine telefoniche fuori dall’albergo del ritiro, nel quale in genere si pagava troppo. Tutto era diverso da oggi e, d’altra parte, anche nel calcio c’era un chiaro riverbero della civiltà contadina, cattolica e democristiana dell’epoca”.

Le differenze non riguardano solo lo stile di vita ma investono ogni aspetto: “Anche le caratteristiche fisiche dei calciatori erano molto diverse rispetto a oggi, e un calciatore di un metro e settantacinque veniva considerato alto.

Alcuni anni dopo, piuttosto velocemente, sarebbe avvenuta una sorta di mutazione genetica: quegli stessi calciatori cominciarono a essere considerati bassi, si cercavano quelli di un metro e ottantacinque. Questo diede vita a un nuovo meccanismo di selezione, che fra i suoi criteri includeva anche il fascino e la bellezza“.

Da allora, moltissimo è cambiato. L’impatto decisivo sul calcio, che ne ha determinato il radicale cambiamento, è stato quello dei soldi:“I soldi hanno quasi cambiato la natura stessa del calcio, eppure non sono lontanissimi i tempi in cui alle società sportive veniva negato il fine di lucro. Oggi, con le più spericolate quotazioni, è stato spazzato via anche il ricordo di quell’epoca”.

Sabatini, l’arrivo alla Roma

Nella Capitale, Sabatini mise radici al Gianicolo. Malgrado lo stipendio modesto. “La mia vita sembrò allinearsi con le mie aspirazioni. A Roma ero stato accolto come un fenomeno nascente, ma in poco tempo, proprio quando pensavo che avrei davvero realizzato il mio sogno, proprio mentre diventare Gianni Rivera si profilava ai miei occhi come un’ipotesi possibile, Roma stessa mi restituì alla verità.

Gli inizi, infatti, furono piuttosto difficili: “La mia carriera non decollò mai, anzi posso dire che letteralmente annaspava, nel tentativo di superare i miei limiti ormai conclamati, dovuti principalmente al mio carattere difficile, troppo solitario, refrattario alle regole imposte.

Avevo l’urgenza di dimostrare il mio talento e questa fu, prima tra tutte, la mia condanna perché mi indusse a giocare un calcio bizantino, potrei dire infantile, fatto di orpelli solitari e inutili.

Non ero in grado di concorrere al fine comune, di dare sostanza al mio gioco e di mettermi al servizio della squadra. E poi non c’era tempo. Il fenomeno deve essere tale subito, e d’altra parte non ci sono date altre chance in questa vita, meno che mai nel calcio.

Le mie prestazioni, a parte qualche eccezione, furono opache e indegne di nota fin dall’inizio della stagione. Da settembre in poi, cominciai a bivaccare all’ombra dei titolari, ma ebbi lo stesso la mia occasione.

Spesso, ancora oggi, mi rimbomba nella testa, quel «Nooooo, è alto! Altissimo!». Era la palla della vita, della mia vita. La palla che mi avrebbe restituito un credito da investire nei mesi a venire”.

Il derby contro la Lazio

E’ da lì, infatti, che cambiò tutto. Sabatini ricorda: “Piove non poco, stiamo perdendo il derby all’Olimpico contro la Lazio, i tifosi della quale hanno già scatenato feste e piccoli incendi. Perdiamo uno a zero e, quando mancano cinque minuti alla fine, Liedholm mi dice di entrare.

Lo faccio in tutta fretta, senza riscaldarmi, e mi precipito direttamente dalla panchina nell’area avversaria, dove Stefano Pellegrini si è liberato procurandosi un tiro sporco, che viene ribattuto. La palla rimane nell’area di rigore, con un rimbalzo alto.

Mentre corro per calciare in porta il pallone, vedo quel rimbalzo, capisco subito che è alto e mi preparo a tirare, ma sulla superficie bagnata del campo non riesco a frenare la corsa. Nel mentre i giocatori della Lazio rientrano tutti sulla linea di porta, quindi devo affrettare la conclusione.

Mi devo piegare, ruotare l’anca e colpire dall’alto per tenere bassa la traiettoria, ma non faccio in tempo a coordinarmi, impatto la palla da sotto e calcio in aria, sugli spalti, come un dilettante qualsiasi.

Quella palla dispersa nel cosmo ha cambiato la mia stagione alla Roma e presumibilmente tutto il mio futuro. Nessuno mi ha mai perdonato, tantomeno io”.

Dopo quella partita, nulla fu come prima.

Serie A

Atalanta, Palladino: “Bisogna essere bravi a resettare e ripartire”

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Atalanta

Dopo le vittorie contro Cagliari e Genoa, l’Atalanta perde 0-1 in casa contro l’Inter. Per la Dea è la quarta sconfitta di fila in casa contro i nerazzurri.

Sconfitta pesante per la squadra di Palladino che cade in casa contro l’Inter grazie ad un gol di Lautaro Martinez nel secondo tempo. E’ una sconfitta pesante sia per la classifica (decimo posto), ma anche per il calendario (le prossime due partite sono contro la Roma ed il Bologna).

C’è tanto rammarico per i padroni di casa, visti gli errori dei singoli (Djimsiti e Samardzic) e i due gol annullati a De Ketelaere e Scamacca. Inoltre, la Dea non vince in casa contro l’Inter dall’11 novembre 2018 (Atalanta-Inter 4-1).

Atalanta, le parole di Palladino

Atalanta

Quanto pesa l’errore di Djimsiti?

“Purtroppo è difficile da accettare, l’ho abbracciato a fine partita: non mi sento di condannarlo per un semplice errore individuale. L’Atalanta oggi ha affrontato una grande squadra. Abbiamo preparato la gara in un modo diverso rispetto alle altre gare contro l’Inter degli altri anni. Dispiace, ma bisogna essere bravi a resettare e ripartire contro la Roma”.

Era questo il piano gara?

“L’Inter è una squadra che ti mette in difficoltà perché hanno tanti giocatori di gamba. Nel primo tempo siamo stati un po’ passivi: dovevamo gestire meglio la palla. Nel secondo tempo siamo migliorati, ma il goal subito è stato un rammarico perché è arrivato in un momento in cui la gara era equilibrata. Abbiamo messo dentro anche altri attaccanti per cercare di pareggiare. Errare è umano, devi accettare che vada così e poi si avanti cercando di crescere il prima possibile”.

Che risposte ha ottenuto nel secondo tempo?

“Purtroppo abbiamo commesso degli errori tra il goal subito e il pareggio mancato. Vero che anche loro potevano raddoppiare, ma la partita è anche fatta di episodi. Dobbiamo andare avanti, anche perché veniamo da buoni risultati”.

Cosa pensa di Musah?

“Mi piace molto come giocatore: capace di giocare sia a centrocampo che come esterno. Secondo me ha interpretato bene la gara”.

Cosa ha imparato l’Atalanta da questa sconfitta?

“Purtroppo è stata una gara con del rammarico. I dettagli fanno sempre la differenza in una gara. Oggi impariamo questa lezione in maniera costruttiva e analizzeremo poi nei dettagli come migliorare”.

Giusto che l’Atalanta debba tirare da fuori?

“Dovevamo migliorare sotto questo aspetto. Siamo stati un po’ sterili, e purtroppo non siamo riusciti a colpire nella maniera migliore. Tuttavia sono contento della mentalità della squadra che ha provato con grande orgoglio a pareggiarla. Peccato perché volevamo regalare una vittoria a Pasalic“.

Zappacosta come sta?

Zappacosta aveva un fastidio a fine primo tempo al flessore. Abbiamo preferito cambiarlo per non rischiare”.

Quanto manca a Scalvini per recuperare a pieno la sua forma e Djimsiti poteva essere preservato?

“No, sono contento comunque di Djimsiti: purtroppo può capitare l’errore e in 300 partite Berat non ha sbagliato quasi mai. Scalvini era in ballottaggio, purtroppo oggi la partita non ha permesso di vederlo in campo, ma avrà la sua occasione”.

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Serie A

Inter, Chivu: “Non mi interessa di quello che dice Conte”

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Calciomercato Inter

Vittoria importante per l’Inter che batte l’Atalanta a Bergamo grazie ad un gol di Lautaro Martinez. Per i nerazzurri è la quarta vittoria di fila a Bergamo.

Con la vittoria di oggi a Bergamo, i nerazzurri lanciano un segnale alle avversarie: per lo Scudetto ci sono anche loro. Contro l’Atalanta, basta un gol di Lautaro Martinez (65′) a regalare la vittoria ed il primato in classifica ai nerazzurri.

Dopo la vittoria della Juventus ieri, e del Milan e del Napoli oggi, serviva una risposta da parte dell’Inter. Risposta che è arrivata insieme al sorpasso in classifica su Milan e Napoli. La settimana prossima i nerazzurri ospiteranno il Bologna in una sorta di rivincita per la semifinale di Supercoppa persa ai rigori.

Inter, le parole di Chivu a DAZN

Inter

ESULTANZA INTER ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Lautaro e Thuram esempi per Pio Esposito?

“Dentro c’è anche Bonny, non dobbiamo dimenticarlo. Sono dei ragazzi che si sono inseriti alla grande e hanno dato il loro apporto sia quando hanno iniziato che quando sono entrati, ci fa piacere avere quattro attaccanti dal valore straordinario”.

Cosa dice a chi pensa che il primato sia scontato?

“Nel calcio niente è scontato, per essere competitivi bisogna osare e dimostrarlo in campo. Per ora la classifica dice questo, ma non basta: siamo ancora a dicembre, il girone d’andata non è ancora finito e la strada è lunga. Sappiamo che c’è da lavorare, a volte combattere anche con le ingiustizie con chi pensa che sia tutto scontato ma sappiamo che è il campo a decidere. Reagiamo anche alle difficoltà, siamo pronti per lavorare ancora di più”.

Si riferisce anche alle parole di Conte?

“A me quello che dice Conte non interessa”.

La parola chiave del 2026?

“Deve ancora finire il 2025, vi risponderò alla prima partita del 2026. Ci aspetta un gennaio molto impegnativo”.

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Serie A

Atalanta-Inter 0-1: la decide Lautaro Martinez

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Inter

Finisce 0-1 il big match di Serie A, Atalanta-Inter, grazie a un gol di Lautaro Martinez. La squadra di Chivu è in testa alla classifica.

Si fa sempre più intensa la lotta Scudetto in Serie A questa stagione. Dopo la vittoria di oggi a Bergamo contro l’Atalanta, l’Inter si porta al primo posto in classifica. Superati in classifica il Napoli e il Milan.

L’Atalanta, invece, rimane inchiodata al decimo posto, a pari punti con Sassuolo e Udinese, e a -5 dal sesto posto. La Dea non perdeva in casa dal 9 novembre (Atalanta-Sassuolo 0-3).

Atalanta-Inter: il commento del match

Atalanta-Inter

Le due squadre non fanno particolari cambi nelle loro formazioni. Palladino si affida a Scamacca in attacco che gioca davanti a De Ketelaere e Pasalic (preferito a Maldini). A centrocampo, Zappacosta e Zalewski giocano da esterni, con De Roon ed Ederson in mezzo. Chivu si affida alla coppia d’attacco Thuram-Lautaro, e lascia Mkhitaryan in panchina. A centrocampo giocano Luis Henrique, Barella, Calhanoglu, Zielinski e Dimarco.

I ritmi sono alti già dai primi minuti con entrambi le squadre che vogliono sbloccare subito il risultato. La prima vera occasione della partita capita a Lautaro Martinez dopo 27 minuti. Il capitano dell’Inter anticipa Djimsiti, trovandosi a tu per tu con Carnesecchi, ma non riesce a trovare l’angolo.

Con il passare dei minuti sono gli ospiti a rendersi più pericolosi, e infatti trovano anche il gol del vantaggio. Il gol lo segna Thuram su assist di Lautaro Martinez: tuttavia, dopo un check al VAR, il gol viene annullato per fuorigioco. Il primo tempo finisce senza reti e senza particolari emozioni, ma tra le due squadre l’Inter sembra quella più in partita.

Nel secondo tempo succede di tutto. Al minuto 55, Zalewski si trova a tu per tu con Sommer che gli para il tiro, la palla arriva a De Ketelaere che segna con un tiro preciso, ma il gol è annullato per fuorigioco di Zalewski. Passa un minuto e l’Inter si divora il gol del vantaggio. Luis Henrique è solo davanti a Carnesecchi che riesce a bloccargli il tiro, la palla torna al centrocampista brasiliano che serve Barella che deve solo appoggiare in rete, ma l’ex Cagliari calcia incredibilmente fuori.

Nel frattempo Chivu toglie Thuram e fa entrare Pio Esposito al suo posto: quest’ultimo sarà subito decisivo. Un minuto dopo essere entrato in campo, l’attaccante classe 2005 approfitta di un errore di Djimsiti in area di rigore, e fornisce l’assist per Lautaro Martinez che segna l’unico gol della partita (65′).

Dopo il gol subito, i padroni di casa faticano a rendersi pericolosi. La loro occasione da gol più grande capita a 3 minuti dal novantesimo con Samardzic che, servito da De Ketelaere, in area davanti a Sommer calcia fuori. La partita finisce dunque 0-1 per l’Inter che si porta al primo posto in classifica superando il Milan e il Napoli.

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