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Tiago Pinto: colpi e colpe nei tre anni alla Roma

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Tiago Pinto

Come giudicare l’operato del porteghese nei tre anni giallorossi? Ecco tutti gli alti e i bassi dell’ormai ex General Manager della Roma.

Lo scorso gennaio Tiago Pinto ha rassegnato le dimissioni con effetto immediato da General Manager della Roma. Una mossa che era nell’aria, forse anticipata di sei mesi (era in scadenza nel giugno 2024).

Le pressioni erano troppe, o c’era dell’altro? Di una cosa possiamo essere certi: l’operato di Tiago Pinto ha diviso le opinioni della piazza giallorossa, tra chi lo considera un genio e chi un incompetente.

Per farsi un idea, però, bisogna valutare il lavoro del GM portoghese a 360 gradi, senza preconcetti. E per farlo bisogna partire dall’inizio, ovviamente.

2021/2022

Tiago Pinto arriva a Roma dal Benfica nel gennaio 2021, in una stagione che per la squadra giallorossa si rivelerà fondamentale. Un annata di transizione, in attesa di quello che da li a pochi mesi sarebbe successo.

Il lavoro da fare è tanto, tantissimo. A Tiago viene dato non sono un ruolo da semplice direttore sportivo, ma molto di più. Pinto sarà la faccia della Roma in tutto e per tutto. Sarà lui quello che parlerà, che prenderà le decisioni, che farà da intermezzo tra società e giocatori. In poche parole, un General Manager all’americana.

L’operato dei suoi predecessori Monchi e Petrachi aveva lasciato la Roma in una situazione di totale immobilismo. Giocatori strapagati e con stipendi elevatissimi a fronte di un rendimento tutt’altro che efficiente.

Due giorni prima della semifinale di ritorno di Europa League contro lo United, il 4 maggio 2021 la Roma da l’annuncio che sconvolge un intera città: Josè Mourinho sarà il nuovo allenatore della squadra giallorossa.

Roma

Arrivo, quello di Mourinho, legato a doppio filo con quello di Tiago Pinto. La stagione è da pianificare. Mou sa che prima di poter acquistare, bisogna cedere. Un mantra che accompegnerà la Roma da quel momento in poi.

Le cessioni liberano la Roma da ingaggi pesanti. A fare le valigie sono Nzonzi, Cetin e, soprattutto, Edin Dzeko. Alle scadenze dei contratti di Juan Jesus, B.Peres e Fazio si aggiungono anche i prestiti di Florenzi, Olsen, Pau Lopez ed Under.Un grande lavoro che allegerisce il monte ingaggi della Roma e permette alla squadra giallorossa di operare sul mercato in entrata. Mercato che, come dimostrerà il tempo, non sarà all’altezza.

Nella capitale arrivano Vina, Shomurodov, Rui Patricio Tammy Abraham. In totale vengono spesi circa 82 milioni per dei giocatori il cui rendimento non si rivelerà all’altezza dell’investimento. I primi due andranno via un anno e mezzo dopo. Abraham sarà decisivo nella sua prima stagione a Roma (27 gol in tutte le competizioni). Ma l’anno successivo vedrà un crollo di prestazioni vertiginoso del centravanti inglese. Rui Patricio alternerà prestazioni eccellenti a passaggi a vuoto inspiegabili, non riuscendo mai a dare, soprattutto nella stagione successiva e in quella attuale, una senzazione di sicurezza.

Nonostante gli acquisti sbagliati e un mercato di riparazione non sensazionale (Olivera e Maitland-Niles arriveranno a gennaio 2022), alla sua prima stagione a Roma Tiago Pinto riuscirà a sollevare il suo primo (e unico) trofeo con la squadra giallorossa a Tirana : la Conference League 2022.

2022-2023

Alla sua prima stagione con la Roma il GM portoghese porta un trofeo europeo nella bacheca romanista. Trofeo che mancava dal 1961. In città si respira un aria di entusiasmo che non si vedeva da più di dieci anni.

Roma

La seconda stagione si apre con un colpo sensazionale: a Roma arriva Paulo Dybala a parametro zero. I tifosi giallorossi sono su di giri. Un arrivo totalmente inaspettato, come quello di Mourinho l’anno precedente. Oltre all’attaccante argentino, arrivano anche Belotti, Matic, Wijnaldum, Celik, e Camara. Ci saranno anche parecchie cessioni: Pau Lopez, Florenzi, Olsen, Calafiori, Under e Veretout salutano, oltre al parametro zero Mkhitaryan. Un tesoretto che però la Roma sarà costretta a mettere a bilancio.

Sì, perchè la società giallorossa in quell’estate firmerà un accordo con la UEFA per il Settlement Agreement. Accordo che la Roma è stata obbligata a sancire per pareggiare gli esercizi finanziari delle quattro stagioni precedenti. Accordo che risulterà decisivo per le ambizioni della squadra.

Durante la stagione, Mourinho si lamenterà a più riprese per la poca qualità della rosa messa a sua disposizione dal GM Tiago Pinto. Qualcosa comincia a scricchiolare nel rapporto tra i due porteghesi. Lo scomodo ruolo del “guastafeste” che deve tenere sotto controllo i conti della Roma, con evidenti ripercussioni sul calciomercato, incupisce anche il general manager, al quale il tifo romanista sottolinea molto gli errori e poco i meriti.

Nonostante questo, dopo un campionato “sacrificato” a favore del cammino europeo, la Roma riesce con una cavalcata trionfale ad arrivare a giocarsi la finale di Europa League a Budapest contro il Siviglia. La perderà in maniera immeritata, complici i calci di rigore e l’arbitraggio di Taylor. Mourinho dichiarerà di essere stato lasciato solo contro tutti. Sarà l’inizio di una crepa sempre più grande che si insinuerà nei muri di Trigoria.

2023-2024

La Roma comincia il mercato estivo all’insegna delle cessioni. La mancata vittoria in Europa League e l’infortunio di Tammy Abraham avrebbero potuto essere ossigeno puro per le casse giallorosse, ma così non è stato, e il Settlement Agreement incombe.

Pinto cede Kluivert, Carles Perez, Reynolds, Villar, Volpato e Missori. Saluta anche Wijnaldum. La maxi cessione è quella di Roger Ibanez. Frutterà 35 milioni di euro, ma arriverà in pieno agosto, e solo in quel momento la Roma potrà iniziare il suo calciomercato in entrata. Tiago Pinto si dimostra un mago nel piazzare gli esuberi in uscita in breve tempo e ricavandone il massimo. I dubbi però, ancora una volta, sono legati agli acquisti.

Roma

Alla Roma arriva un altro colpo roboante, quello di Romelu Lukaku, in prestito con diritto di riscatto. Aouar, Ndicka, Azmoun, Llorente (rinnovo prestito), Kristensen arrivano a costo zero, apparte Paredes (prestito oneroso). Ma ancora una volta la qualità di questi giocatori, esclusa quella del centravanti ex Inter, viene messa in discussione.

A fare ancora più rumore sarà l’acquisto di Renato Sanches, di cui Tiago Pinto si prenderà tutte le responsabilità, mettendoci la faccia e la voce. Ma Mourinho è frustrato, e non le manda a dire. L’allenatore portoghese si dichiara non soddisfatto del mercato, e che la Roma non ha una rosa per poter competere per gli obiettivi prefissati. Parole che questa volta Pinto si lega al dito, poichè ritiene che il lavoro che è stato fatto è ottimo in base ai mezzi messi a disposizione. I Friedkin tacciono, la tensione è evidente. Specie dopo dalla prima parte stagione.

La Roma non ingrana. L’altalenanza di risultati la fa da padrona, complice una rosa che si dimostra, rendimento alla mano, non all’altezza, e nel giro di qualche mese la Roma si trova si, a pochi punti dalla zona Champions, ma più per demeriti degli altri che per meriti suoi. A Mourinho sembra essere sfuggita di mano la situazione, complice anche un futuro personale non ancora chiaro, nonostante dichiari la volontà di rimanere a Roma per la prima volta dopo mesi. Ma qualcosa sembra essersi rotto definitivamente. Si ha la sensazione che da un momento all’altro si arriverà a un punto di non ritorno. Ed effettivamente così sarà.

Il 4 gennaio Tiago Pinto annuncia le sue dimissioni con effetto immediato dal 3 febbraio 2024. Un addio forse solamente anticipato di qualche mese, ma che scatena un effetto domino sulla Roma.

Roma

L’uscita in Coppa Italia contro la Lazio e la sconfitta seguente contro il Milan convincono i Friedkin, fino ad allora silenziosi alle voci che arrivavano da fuori e all’interno di Trigoria, scendono in campo personalmente. Lasciando di stucco gran parte della tifoseria, decidono di esonerare Josè Mourinho, lo stesso allenatore che avevano scelto per risvegliare “il gigante che dorme”. Troppo pochi i punti i raccolti dalla Roma per poter restare indifferenti.  Poi l’arrivo di De Rossi, una stagione ancora tutta da scrivere, assieme al futuro della prossima.

Tiago Pinto lascia la Serie A con un ultimo colpo di coda: gli acquisti di Baldanzi a titolo definitivo, Angelino e Huijsen in prestito, e le cessioni di Kumbulla e Belotti.

Sicuramente l’ormai ex general manager della Roma ha avuto dei passaggi a vuoto importanti durante il suo percorso nella capitale, ma non bisognerebbe mai scordarsi del contesto in cui ha operato. Le cessioni di tantissimi esuberi hanno permesso alla Roma di operare in entrata seppur con evidenti limiti imposti dal fair play finanziario e da buchi di bilancio lasciati dalle precedenti proprietà. La Conference League 2022, assieme agli arrivi di Dybala e Lukaku (dove sicuramente pesò anche e soprattutto la presenza di Mourinho) non sono per tutti.

Tiago Pinto si è trovato in una delle squadre più importanti della Serie A con un ruolo ingombrante, anzi più di uno. Ha fatto le veci del Direttore Sportivo e del Presidente, mettendoci sempre la faccia, e non chiedendo mai le luci della ribalta. Oneri ed onori in una piazza bollente, che vive spesso di sentimenti passionali ma che possono cambiare in un attimo.

Cosa resta di Tiago Pinto quindi? Tanto, tantissimo. Nel bene e nel male. Ma chi non sbaglia? Forse resta anche un rimpianto: chissà cosa sarebbe successo con una maggiore disponibilità di mezzi economici. Ma questo non lo sapremo mai.

 

Serie A

Lazio, Luis Alberto al vetriolo: “Sarei rimasto a vita, ma il clima lì è marcio. Su Tare e Inzaghi…”

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Luis Alberto ha rilasciato un’intervista esclusiva a “Cronache di Spogliatoio”, in cui ha ripercorso i motivi del suo addio alla Lazio.

Luis Alberto e la Lazio, quantomeno nei panni della società biancoceleste, non si sono lasciati benissimo. A dimostrazione di tale assunto l’acredine con la quale il centrocampista spagnolo parla quando ne ha occasione.

Lazio, le parole di Luis Alberto

In un’intervista concessa a “Cronache di Spogliatoio, il calciatore iberico ha ripercorso le orme del suo ciclo in biancoceleste ed è tornato sui motivi che lo hanno portato alla decisione di lasciare la Capitale.

Di seguito, le sue parole.

Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita… Perché sono andato via? Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato. La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori, che è una roba pazzesca. Ho tanti amici tifosi, auando parli con loro è tutto. C’è gente che lo mette davanti alla famiglia. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Con Igli ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. Era il momento di andarmene e stare più tranquillo calcisticamente”.

Luis Alberto Lazio

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Serie A

Roma, Sabatini duro: “Friedkin in delirio di onnipotenza. Come si può esonerare De Rossi?”

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Roma

Walter Sabatini, ex-dirigente della Roma, ha commentato con un duro post su Instagram la decisione dei Friedkin di esonerare De Rossi.

L’ex-direttore sportivo giallorosso, che già aveva modo di commentare la situazione di De Rossi alla Roma in un’intervista a Radio Serie A, si è espresso in maniera lapidaria sull’esonero dell’ex-bandiera romanista.

Roma, le parole di Sabatini su De Rossi

Di seguito le parole dell’ex-dirigente giallorosso.

Sono amareggiato. Anni fa un notabile dell’ambiente disse una cosa sottoscrivibile: il calcio è un gioco stupido per persone intelligenti. Oggi vale solo il primo presupposto ed è inutile aspettarsi che ci si possa essere accorti dei miglioramenti di una squadra sperimentale. E’ altrettanto inutile aspettarsi che si rendano conto di dover acquisire cultura calcistica e generale, assumendo, con pieni poteri, profili come Boban e Maldini, che tre anni fa, insieme a Massara, hanno dato vita alla rifondazione del Milan: che ha portato allo scudetto in pochissimo tempo. Ma De Rossi licenziato no, non si può fare: qualcuno sta vivendo in un delirio di onnipotenza“.

Roma

DANIELE DE ROSSI SALUTA I TIFOSI DELLA ROMA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Serie A

Esonero De Rossi, Sensi: “Sono amareggiata, fa male vedere De Rossi allontanato da Trigoria”

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Questione che sta facendo discutere in molti quella dell’esonero di Daniele De Rossi. Alla lista si aggiunge anche l’ex presidente Rossella Sensi.

Sono tante le persone che stanno commentando la scelta dei Friekin. Una di queste è Rossella Sensi, presidente dell’As Roma dal 2008 al 2011 e figlia del grande Franco Sensi, che ha espresso su un post instagram le sue sensazioni in merito all’esonero di Daniele De Rossi.

Roma, De Rossi

DANIELE DE ROSSI SORRIDENTE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Roma, le parole di Rossella Sensi su De Rossi

Su Instagram scrive: “Sono sorpresa ed anche amareggiata, fa davvero molto male vedere Daniele De Rossi allontanato da Trigoria per la seconda volta. So quanto possa stare male ora. Non giudico le questioni o le scelte altrui. Forse non sarebbe nemmeno giusto. Ma mi sento di dare tutto il mio supporto a un uomo che non è solo una bandiera di questo club. Ma è anche un professionista serio e preparato. Il mio in bocca al lupo ora va a Ivan Juric, lo aspetta un compito non facile ed i sarò sempre dalla parte di chi veste quei colori”.

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