L’ex Direttore Sportivo della Roma Tiago Pinto ha rilasciato una lunga intervista a Sky. Il portoghese ha toccato più temi tra cui Mourinho, De Rossi e Dybala.
“Sono contento dei risultati, per l’ambiente e per i giocatori. La squadra sta giocando bene, sta facendo buoni risultati. Per fare buoni risultati devo avere affinità totale, motivazione, carica. Non faccio questo lavoro senza queste emozioni e queste passioni. Tre anni a Roma di portano ad altri livelli di stanchezza. La Roma merita un dirigente come il Tiago Pinto dei primi anni. Non ho rimpianti, ma sono felice di vedere andare bene la squadra“.
“Quello è stato un giorno molto difficile per tutti. Io sono ancora giovane, non so se i Direttori sportivi più anziani gestiscono in modo diverso. Io nel momento in cui si deve licenziare un allenatore sono morto. Quando un allenatore va via significa che non hai fatto bene alcune cose. Tutti quello che è successo in quei giorni me conta poco. Le emozioni sono troppo alte, è stato un lavoro di due anni e mezzo”.
“Sì, noi abbiamo sempre avuto un buon rapporto, anche prima del suo arrivo. Lui ha capito che sono una persona leale, che lavora tanto e che aiuta gli allenatore. Gli ho spiegato la situazione, poteva contare su di me fino alla fine ma la mia decisione non sarebbe cambiata“.
“Quello che mi ricordo è che è stato umanamente difficile gestire le ore successive a quella sconfitta. È stato l’unico giorno della mia carriera in cui ho sentito l’impatto fisico sulle mie emozioni. Avevamo fatto una buona partita, ma la differenza tra vincere e perdere è un dettaglio, poi dopo quella finale c’è stata la polemica per l’arbitraggio.
È stato un momento cruciale per me, dopo quelle 72 ore di tanta difficoltà abbiamo giocato contro lo Spezia e s’infortuna Abraham. Sappiamo che lo avremmo perso per tanto tempo, avevamo quell’obbligo del settlement agreement di fare determinate operazioni fino a giugno e forse a fine giugno ho pensato a me stesso, forse è stato in quel momento che ho preso la decisione di andare via“.
“La Roma ha una buona squadra con buoni giocatori, ma non vorrei sfruttare questo momento positivo per dire che avevo fatto un buon lavoro o avevo portato giocatori bravi. A Roma serviva questo equilibrio, dentro e fuori dal club. Le valutazioni sui giocatori vanno fatte almeno a medio termine“.
“Mourinho sa benissimo che nel corso di quei due anni e mezzo sono stato un soldato. È normale che, soprattutto durante il calciomercato, nel rapporto fra allenatore e direttore sportivo ci sia un po’ di casino, ma lui sa perfettamente che fino alla fine sono stato leale a lui, alla società e al progetto.
Possiamo anche avere idee diverse, ma si può lavorare insieme. Ci sono cose che succedono durante la stagione, quando le cose non vanno bene vanno fatte delle valutazioni, tutte le decisioni prese sono state collettive, abbiamo anche vinto 3-4 partite di fila dopo quella partita”.
“Non è mai arrivato un giocatore senza l’approvazione di Mourinho, poi sarei stato bugiardo se avessi detto che i giocatori arrivati erano la prima scelta del club, non è così. Lui è sempre stato coinvolto, ovviamente sui giocatori che potevamo prendere. Il processo di reclutamento è stato sempre chiaro, dai giocatori che sono andati bene a quelli che sono andati male, nessun giocatore è stato di Tiago Pinto o di Mourinho.
Non c’è nessun giocatore che è arrivato che Mourinho non voleva, quello non è mai successo. Non è neppure giusto dire che Mourinho ha avuto i giocatori che voleva perché non è vero. I giocatori che abbiamo preso erano quelli che potevamo prendere
, ma nessun giocatore è arrivato a Roma senza la conoscenza di Mourinho”.“Mi ha fatto molto felice prendere Dybala, però abbiamo preso tre giocatori a parametro zero che oggi valgono tanto come Svilar, N’Dicka e Aouar. È stato fatto un buon lavoro, con tutte le difficoltà avute e con gli errori fatti, oggi guardi la rosa della Roma e hai questi giocatori ha parametro zero che hanno valore sul mercato, due giovani che arrivano dal settore giovanile che hanno valore sul mercato, hai grandi giocatori come Dybala o giocatori che hai rinnovato molto forti.
Siamo riusciti a non vendere i giocatori più importanti a parte Ibanez e Zaniolo, ma non è che abbiamo sempre venduto il pezzo migliore, abbiamo Pellegrini, Cristante, El Shaarawy, Mancini che sono rimasti con noi. Sono stato felice quando abbiamo preso Dybala, poi non è che voglia essere egocentrico, ma sono molto felice per il momento che Svilar sta vivendo, per me è sempre un bambino.
Lo conoscevo dai tempi del Benfica dal 2017, abbiamo fatto insieme il mio percorso al Benfica, poi è venuto con me a Roma, ha sofferto tanto ed è cresciuto tanto, sarà tra i migliori al mondo“.
“Ci sono stati acquisti che non hanno reso, tipo Shomurodov o Renato Sanches. Io non vedo il mercato come una competizione, penso che una società che ha un direttore, un dipartimento medico, uno staff medico, è una società che sviluppa i giocatori. Secondo me il mercato rappresenta il 20-30% della squadra, il 70-80% è il quotidiano.
Ci sono stati acquisti che non sono andati bene, altri che magari sono stati spettacolari in un certo momento, tipo Rui Patricio che ci ha dato la Conference League e oggi viene criticato. Come direttori sportivi, non dobbiamo perdere due volte: quando prendi un giocatore che vale qualcosa per la tua squadra anche a livello economico.
Se un giocatore non va bene in campo, non devo far perdere alla società quello che ha investito. Tipo Vina, ha giocato 44 partite con la Roma, non è andato come ci aspettavamo, però economicamente non ci abbiamo perso quando lo abbiamo ceduto. Io come direttore sportivo non devo far perdere due volte la mia società.
Dovevo gestire diversamente alcune cose, in un determinato momento magari dovevo fermarmi: dovevo ridurre il monte ingaggi, prendere grandi giocatori, vincere, stare in pari in con il settlement agreement. È difficile mettere insieme tutte queste cose ma la nostra ambizione è così grande che ci ho provato”.
“Non possono mettermi in quei panni, ovviamente Daniele sta facendo molto bene, è una persona spettacolare. Mi ha sorpreso la consapevolezza che lui ha di quanto costa essere allenatore. Vuole fare questo lavoro, sta facendo benissimo, non solo in campo ma anche nel campo della valorizzazione dei giocatori della Roma. Sta facendo benissimo, la decisione spetta a loro”.
“Sì, ma non di tutti tipo la Lazio. Non potrei andarci e loro non mi vorrebbero (ride, ndr). Ho imparato tanto in Italia, ho imparato da tanti direttori sportivi, sono amico di Ausilio, Massara, Rossi, Corvino, magari un giorno tornerò in Italia”.
“Se lo cedono, non posso tornare a Roma (ride). Paulo è un bambino d’oro, è un grande giocatore e una grande persona, lo ammiravo come giocatore e come persona e ora lo ammiro di più. È un professionista spettacolare ed è felice a Roma. Penso che la città e i tifosi lo abbiano reso felice”.
“Dai tifosi vorrei essere ricordato come un direttore che ci ha sempre messo la faccia, ma è importante il rapporto con le persone con cui ho lavorato. Ho trovato una famiglia, persone che lavorano tanto come fisioterapisti, la parte femminile, l’ufficio stampa, tutti lavorano con passione per il club e vorrei essere ricordato come una persona giusta”.
Conclude Tiago Pinto.
Aggiornato al 23/03/2024 9:03
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