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Torino – Atalanta 2-1, Retegui non basta, e’ rimonta granata | Le pagelle orobiche

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Torino-Atalanta 2-1, dopo il vantaggio iniziale di Retegui arriva il pari immediato da parte di Ilic. Adams e Milinkovic-Savic castigano Gasperini. Le pagelle nerazzurre.

Carnesecchi 7: tiene aperto il risultato, che inizialmente da ragione alla Dea. Para tutto, tranne i due gol che vogliono dire zero punti.

Djimsiti 5: pomeriggio di sofferenza per l’albanese, che interpreta male la fase difensiva.

Hien 5,5: dovrebbe reggere il confronto fisico con Zapata, invece il colombiano e’ indiavolato e fa ciò che vuole (dal 70′ Palestra 6: altro ingresso positivo)

De Roon 6: non esteticamente bello, ma sempre efficace.

Zappacosta 6,5: mezzo voto in più per il cross che fa recapitare sulla testa di Retegui. Per il resto, gara coraggiosa.

Ederson 6: solido in mezzo, coraggioso quando avanza sulla trequarti (dall’85’ Cassa 6,5: partecipa all’azione che si conclude con il rigore assegnato nel finale).

Pasalic 4,5: getta alle ortiche la chance del pareggio a tempo ampiamente scaduto. Prestazione sottotono.

Ruggeri 5: non si approccia con decisione al match, sempre timido.

Brescianini 6: poco coinvolto nella manovra, spesso deve mettersi in proprio (dal 53′ Samardzic 6: ispirato, fa capolino con umiltà negli schemi di Gasperini).

De Ketelaere 7: sfortunato, ma sempre pericoloso quando conduce palla e danza in area di rigore (dall’85’ Manzoni sv).

Retegui 7: dalla sua testa parte un proiettile che batte Milinkovic-Savic per il momentaneo vantaggio. Terzo gol in due partite, niente male (dal 69′ Zaniolo 6: poche occasioni per mettersi in mostra, ma grande volontà. E’ già qualcosa, ma non era scontata).

 

Gian Piero Gasperini 5: Vanoli lo imbriglia e lo spinge alle corde. Il vantaggio di Retegui non basta, arriva il primo ko. Zaniolo da centravanti e’ un’intuizione che certamente rivedremo.

Serie A

Udinese, Nani: “I giovani devono giocare. Su Pafundi…”

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Pafundi

Il ds dell’Udinese ha rilasciato alcune dichiarazioni sul mercato di gennaio e su alcuni possibili rinforzi. Leggi con noi le parole di Nani.

Il direttore sportivo dell’Udinese, a margine del brindisi organizzato con la stampa, ha fatto il punto sulla situazione in vista del mercato di gennaio. In particolare, Nani si è soffermato sul futuro di alcuni giovani e soprattutto di Pafundi, attualmente in prestito.

Le parole di Nani

Sul 2025.
“Meraviglioso, per tutti dai tifosi fino all’Udinese. Veniamo da una stagione tormentata e difficile. Dobbiamo tenerla presente e arrivare presto all’obiettivo della salvezza. Una volta raggiunta poi ovviamente si potrà guardare avanti e toglierci qualche soddisfazione. Proviamo ad arrivarci il prima possibile”.

Per il mercato di gennaio in difesa.
“Numericamente siamo in tanti, il mercato è aperto tutto l’anno. Siamo attenti, poi a volte è determinato dai risultati, dagli infortuni e dal modulo. Siamo in una fase in cui stiamo provando diverse soluzioni e abbiamo tempo per analizzare. Ma ad occhio dovremo essere a posto”.

Sul futuro di Pafundi.
Torna con noi. Ha tantissimo talento e dopo questo periodo di ambientamento con noi valuteremo quale sarà la soluzione migliore. Deve giocare con continuità e potremo valutare anche la soluzione di un prestito per permettergli di giocare”.

Pafundi, Italia U19, Nani

Domani ci sarà l’Inter: sarà l’occasione di parlare anche di mercato?
“È un calciatore che piace e non potrebbe essere altrimenti perché è veramente forte. Non abbiamo intenzione di cedere i nostri migliori giocatori a gennaio, poi non si può escludere nulla. Ma è un mal di testa che mi sposterei eventualmente per giugno”.

Sugli infortunati.
Davis torna presto. Credo siano passate già un po’ di settimane dal suo infortunio e non credo manchi molto. Okoye ha avuto questo intervento e lo aspettiamo presto ma credo che Sava lo stia sostituendo bene. Lovric non credo sia disponibile domani, credo più per lunedì. Anche Payero è vicino al rientro. Il Natale porta tante buone cose”.

Potrebbe esserci qualche partenza in prestito?
“All’Udinese siamo fortunati che abbiamo tanti giovani di grande valore, come Palma e Piana. Pizarro è un giocatore straordinario, sicuramente succederà che qualcuno uscirà per andare a giocare vista la rosa corposa. I giovani sono come i piloti d’aereo: la qualità è valutata in base alle ore di volo che ha, quindi devono avere un po’ di ore di gioco”.

Sui miglioramenti.
“Perché lo abbiamo dimostrato negli ultimi 30 anni, non ci fermiamo a valutare una realtà come Udine nella sua grandezza ma che in realtà è all’avanguardia da tempo. La positività e il buon umore devono procedere con ottimismo. Vorremmo continuare a fare bene le cose con grande entusiasmo e i grandi risultati si lavorano solo pensando in grande”.

La letterina dall’Aia.
“Era un libro in realtà, ma essendo Natale ormai li ho perdonati. Sono pronto ad accogliere tutti gli arbitri con gran sorriso. Gli errori ci possono essere, io vivo all’estero e vedo tante partite e faccio i complimenti alla nostra squadra arbitrale. Poi stemperiamo le polemiche perché non è nel nostro stile”.

Il rinnovo di Thauvin.
“Quando due parti vogliono lo stesso, è facile raggiungere l’obiettivo. Thauvin ha il contratto con noi di 1 anno più opzione, noi siamo contentissimi di lui e lui uguale. Sicuramente arriverà il momento e spero che faremo questo ulteriore matrimonio. Siamo orgogliosi di averlo come capitano, è molto bravo anche con i giovani. Dalle mie parti si dice che ci sono tutti i ‘tips on the box’ (tutti i presupposti sul tavolo ndr.) perché la cosa possa andare avanti”.

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Serie A

Genoa, nuova maglia targata Netflix nel match col Napoli

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Genoa, è pronta una nuova divisa speciale per celebrare la seconda stagione della serie cult coreana Squid Game, che verrà indossata in campo sabato contro il Napoli.

Il Genoa continua a sorprendere non solo sul campo ma anche fuori, consolidando la sua posizione come esempio di innovazione e marketing nel calcio italiano. Dopo collaborazioni di alto profilo con star dello sport, della musica e dello spettacolo, il club più antico d’Italia annuncia una nuova straordinaria partnership.

Sabato pomeriggio, in occasione della sfida contro il Napoli valida per il 17° turno di Serie A, i giocatori del Grifone scenderanno in campo con una divisa destinata a diventare iconica. Si tratta del terzo kit ufficiale stagionale, ovvero una maglia nera con dettagli dorati che ospiterà sul petto il logo di Squid Game 2, la celebre serie TV coreana che tornerà con la sua attesissima seconda stagione su Netflix il 26 dicembre.

Genoa

Un’operazione che unisce due universi, quello calcistico e quello dell’intrattenimento, sottolineando la crescente capacità del Genoa di dialogare con un pubblico globale. L’iniziativa rappresenta una celebrazione del potere trasversale del calcio, capace di fondersi con fenomeni culturali come Squid Game.

Il club rossoblù non è nuovo a iniziative di questo tipo. Negli ultimi anni ha dimostrato un’abilità rara nel coniugare tradizione e modernità, valorizzando il proprio marchio attraverso scelte audaci e innovative. Con questa partnership, il Genoa non solo rafforza la propria immagine, ma dimostra anche di voler essere protagonista in un contesto internazionale. A seguire, la maglia che indosseranno.

 

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Serie A

Vieri: “Le delusioni fanno parte dello sport. Devo tutto a tre allenatori”

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Bobo TV, Vieri

Vieri, intervistato a margine dell’evento con la Serie A, ha rilasciato delle dichiarazioni sulla sua carriera e sul presente. Leggi con noi le parole di Vieri.

Presente all’evento di Iliad a Milano, Bobo Vieri ha ricordato le tappe della sua carriera, soffermandosi su alcuni momenti. In particolare, l’ ex attaccante della Nazionale ha omaggiato tre allenatori e si è esposto su alcuni giocatori del nostro campionato.

Vieri

Le parole di Vieri

La parternship con la Serie A.

Io e altre legend andiamo in giro per il mondo a promuovere il nostro campionato, secondo me il nostro calcio si sta riprendendo alla grandissima. Non a parole: abbiamo visto l’Inter in finale di Champions League, l’Atalanta che ha vinto l’Europa League, la Roma in Conference e la Fiorentina ha giocato due finali di fila. Cerchiamo i giocatori giovani più forti d’Europa: al di là delle vittorie, tutte queste finali testimoniano che le squadre migliorano anno dopo anno”.

La solidarietà creatasi attorno a Bove.
Il gruppo è sempre stato fondamentale, lasciamo fuori i giornalisti che fanno sempre casino. Quando lavori in gruppo il singolo viene fuori se è forte il gruppo, è la prima cosa. La stessa Fiorentina lo dimostra, volersi bene e stare vicini tra compagni è fondamentale. Bove per fortuna si è ripreso, spero torni a giocare”.

Il rapporto con tuo nonno?
Mio nonno era l’unica persona che credeva in me. Aveva fatto il portiere e allenava i ragazzi del Santa Lucia: il nonno di Diamanti era il presidente e mi proposero di giocare lì. Alino lo conosco da quando aveva cinque anni. Mio nonno mi promise 5 mila lire a ogni gol, alla prima ne feci quattro. Era convinto sarei diventato uno dei più forti attaccanti al mondo”.

Sogni e sacrifici.
Non solo nel calcio, ma nello sport in generale e nella vita. Se vuoi raggiungere degli obiettivi devi dare tutto, sennò fai fatica. Non si tratta di un singolo sacrificio: è normale che il weekend fai fatica, perché gli altri escono e tu no. Ma se hai un obiettivo pensi a fare di tutto per raggiungerlo”.

L’inizio di carriera

Il primo ricordo su un campo da calcio?
“Era questo, ero un bambino ed ero conto. Già poter dire che giocavo in Italia e avevo fatto quattro gol, a quattordici anni, era tanta roba. Volevo testarmi, io volevo giocare a calcio: spesso i bambini mi chiedono se i soldi si realizzano veramente. Ci sono qua io, avevo due sogni e li ho realizzati. Devi sempre seguire la tua strada, senza ascoltare nessuno. Io ho giocato in A e in Nazionale”.

L’inizio di carriera.
“Ero in Australia, ho iniziato da terzino sinistro. Poi dopo sei mesi avevo fatto più gol degli attaccanti e ho detto al mio allenatore di mettermi davanti. Ero una specie di Roberto Carlos più grosso. Mi ha messo in attacco, ho fatto 15-20 gol e ho continuato così. Il mio sogno era giocare in Serie A e nazionale, lo dissi a mio padre che mi disse di trasferirmi da mio nonno a Prato. E non sono più tornato. Mio padre aveva giocato a calcio, sono stati bravi a lasciarmi libertà di scelta”.

Primo impiego ufficiale?
“Non l’ho mai visto come un lavoro. Il mio primo contratto ufficiale l’ho fatto a Pisa. Ero contento, ma quello viene di conseguenza a quello che fai, la prima cosa è voler giocare in una squadra”.

La svolta quando?
“Tre allenatori mi hanno fatto svoltare: Rampanti nella Primavera del Torino, ha sempre creduto in me, anche al primo anno quando ero più piccolo degli altri. Poi Mondonico che mi ha fatto esordire nel Torino e mi ha voluto all’Atalanta: mi martellava, che la roba che facevo in settimana la portavo in campo la domenica. E Cesare Maldini, l’ho avuto 6-7 anni tra Under-21 e Nazionale maggiore. Mi hanno messo sulla giusta strada”.

Quanto conta l’allenatore?
“È come un secondo padre, nel settore giovanile non devi vincere ma ti devono preparare per i campionati veri. È importante che ti dicano la cosa giusta, dai 14 ai 18 anni sono figure centrali”.

Che hai fatto con i primi soldi?
“Non mi ricordo, forse ho comprato la macchina a mio padre, credo una Peugeot”.

Eri felice?
“Chi mi conosce sa come sono: prendo per il culo tutti, mi piace far ridere e divertire. Anche ora che ho 50 anni e giochiamo a padel. Di Biagio dice che faccio le stesse battute da trent’anni”.

Il soprannome?
“In Primavera al Torino c’era Brunetti che giocava con me in attacco, disse che mio padre si chiamava Bob e mi avrebbero chiamato Bobo. Sono 37 anni”.

E bomber?
“Se segni, sennò ti chiamano coglione. Il bomber deriva da quello che fai in campo, è quello che si porta la squadra sulle spalle e cerca di farla vincere”.

Saresti stato un bomber lo stesso ?
Avrei giocato a cricket, sarei stato un bomber anche lì. Con mio fratello siamo malati di tennis, mi prende per il culo perché ho sempre detto che, se avessi giocato a tennis, sarei stato il numero uno al mondo. Ho questo carattere duro, se voglio fare qualcosa la faccio. Tutti mi dicevano che ero scarso, lento, pesante, grezzo, debole tecnicamente, e invece sono andato avanti per la mia strada”.

Delusioni?
“Sì, quando perdi le partite. Umane? No. Quando non sono andato al mondiale perché mi sono rotto il ginocchio. La finale di Champions con la Juve, e il cinque maggio con l’Inter. Fanno parte dello sport, però è bello esserci: sono partito dall’Australia, quando sono arrivato in Italia andavo a vedere Baggio in curva e dopo sette-otto anni poi ho giocato in Nazionale e nell’Inter con lui”.

Giocatori che somigliano a Vieri?
“Tre-quattro: Vlahovic, Lukaku, Haaland, Dovbyk. Per caratteristiche siamo simili. Dovbyk è forte forte”.

La caratteristica che ti distingueva dagli altri.
Dovete chiedere agli allenatori. Io sapevo che meglio lavoravo durante la settimana e meglio stavo. Più mi allenavo più andavo forte la domenica: io mi sono sempre allenato tantissimo. Dovevo migliorare in tutto”.

Il Vieri di oggi

Ti manca il campo?
“Si da pazzi, ma a tutti noi”.

Pure a Totti?
“Gli ho scritto l’altro giorno, gli ho detto che se vuole tornare a giocare deve farlo, fregandosene degli altri. Lui già non doveva smettere, ora se vuole riprendere deve farlo. Se lo fa felice, deve farlo: c’è Miura che gioca a 57 anni… Gli diranno che è lento, ma che gliene frega”.

Un consiglio da dare a un giovane?
“Di allenarsi”.

Cosa vorresti per il futuro?
“Sarà banale ma di stare bene”.

Cosa non si sa ancora di te?
“Tante cose, che però devono rimanere così. Io dico sempre quello che penso: a volte va bene e altre meno. Però sto mollando con l’età. Cazzate non ne dico, ma dico quello che penso. Che senso ha cambiare ora: vado avanti ora”.

Che sportivo ti definisci?
Oggi sovrappeso. Sono un ex sportivo, che ha fatto quello che voleva fare ed è felice, finito lo sport mi sono spostato e ho due figlie: sono i gol più importanti che ho fatto. La felicità che mi hanno portato non me la sarei mai aspettata, sono le gioie più importanti della mia vita”

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