Il Modena, con 3 vittorie e 2 pareggi, è momentaneamente terza, dopo Parma e Venezia. Una buona squadra e un buon gioco possono far sperare?
Sicuramente, il campionato di Serie B è uno dei più complicati e, sì, anche uno dei più divertenti; tante squadre, molto equilibrio, molti gol.
Una squadra che sta facendo sperare i suoi tifosi – che, se stanno leggendo l’articolo, faranno ogi sorta di gesto apotropaico! – è il Modena.
I ‘canarini’, guidati da Paolo Bianco, grazie a un gioco aggressivo e verticale e alle magie di Luca Tremolada, si sta comportando bene.
È ancora prematuro, forse, parlare di una possibile promozione, ma le chance per giocarsela fino alla fine ci sono tutte.
L’ultima stagione del Modena in Serie A risale all’annata 2003-04. In panchina l’iconico Alberto Malesani (sostituito poi da Gianfranco Bellotto).
Personalmente fu il primo anno della mia passione calcistica, e me lo ricordo fin troppo bene. Storicamente, fu un anno di transizione.
Il problema di oggi – uno dei tanti… – è la mancanza di attenzione al passato. Se non c’è memoria, non c’è futuro.
Anche in un mondo culturalmente ‘modesto’, ma così popolare, importante e meraviglioso come il calcio deve esserci memoria storica.
Tanto più se il passato al quale ci riferiamo non risale a secoli remoti. Parliamo di vent’anni fa, di un calcio più romantico, e ormai morto.
Grazie al web, questo ‘mondo perduto’ è facilmente recuperabile dalle nuove generazioni, che tuttavia sembra non avvertano la necessità di informarsi.
Tutto troppo veloce e vorace, non lascia spazio al ricordo di un tempo passato. Nello specifico calcistico, è in quell’anno che si sono poste le basi del calcio odierno.
La stagione 2003-04 vide trionfare il Milan di Ancelotti, davanti all’ultima Roma di Capello e alla Juventus del secondo ciclo Lippi.
Quel Milan – e da romanista è doloroso ammetterlo… – era una squadra incredibile; al gruppo che l’anno prima vinse in Europa si aggiunse il brasiliano Kakà.
Davanti Inzaghi e Shevchenko – capocannoniere del campionato e Pallone d’Oro 2003 -, un Pirlo
al top della forma e una difesa di ferro con Maldini e Nesta.Fu una stagione di transizione, verso il calcio attuale: meno romantico, per noi, e più pragmatico, ed economicamente appetibile, per televisioni e aziende.
Il 2003-04 fu l’ultimo anno del campionato a 18 squadre. L’ultimo anno in cui si poteva esultare togliendosi la maglietta senza essere ammoniti.
L’ultimo anno in cui gli allenatori potevano – divorati dall’ansia – fumare in panchina. Fu soprattutto l’ultimo anno di una gloriosa generazione di attaccanti.
Baggio, Signori, Totti, Del Piero; e poi Vieri, Hubner, Ganz, Amoruso. E ancora Trezeguet, Cruz, Flachi, Ravanelli…una generazione incredibile, di numeri 10 e di numeri 9.
Ha ragione Cassano, allora, quando – parlando con Totti alla Bobo Tv – dice che in ogni squadra c’erano almeno due o tre giocatori di livello.
E allora l’elenco sarebbe ridondante…ma sarebbe assurdo non farlo. Come non godere – esattamente, godere – nel ricordare tutti quei campioni di un calcio che non c’è più?
L’Empoli del trio Rocchi-Tavano-Di Natale, ad esempio. L’Udinese di Iaquinta e Pizarro. La Reggina di Di Michele e Cozza, il Chievo dei miracoli del mister Del Neri…
Il Bologna di Signori, il Brescia di Mazzone e Baggio, il Perugia di Cosmi (e del presidente Gaucci, che quell’anno acquistò addirittura il figlio di Gheddafi!)…
E poi, c’era il Modena, una squadra che nel campionato precedente – con De Biasi in panchina – aveva fatto molto bene, ma che non riuscì a ripetersi.
L’inizio della parabola discendente di un allenatore rivoluzionario – ma un po’ sfortunato, forse – come Malesani, esonerato quando ancora c’era qualche speranza.
Quell’anno il Modena arrivò terzultimo, sotto il Perugia che andò a giocare lo spareggio con la Fiorentina (che vinse).
Non bastarono i gol di Amoruso e Kamara, né le parate di ‘nonno’ Marco Ballotta. Il calcio stava cambiando, e il Modena non restò al passo.
Cominciò, come molte altre squadre di quel periodo, una parabola discendente. Fino al fallimento e a una nuova rinascita.
Certo, Il Modena è stato un pretesto per parlare di un calcio che non c’è più, e al quale siamo comunque legati.
Come tutti i nostri migliori ricordi legati all’infanzia, speriamo sempre che tornino. E anche se quel calcio è morto, il Modena è vivo e vegeto.
E chissà se, proprio grazie ad un numero 10 – Luca Tremolada – possa tornare a risplendere nel calcio che conta.
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