Il DS del Parma Mauro Pederzoli ha parlato a La Repubblica in merito alla promozione del club emiliano nella massima serie italiana.
Di seguito le parole del DS del Parma Mauro Pederzoli rilasciate a La Repubblica relative a la promozione del club crociato in Serie A:
Da squadra con più italiani a quella con meno in Serie B?
“Abbiamo un’ottima struttura di scouting. Il nostro obiettivo è cercare il giocatore giusto, al giusto prezzo. Quale passaporto abbia in tasca, non ci interessa. Continueremo su questa linea. Intanto ci godiamo la festa”.
Momento più bello?
“Il rientro in città dopo il pari promozione a Bari. A mezzanotte c’erano migliaia di tifosi ad aspettarci, sotto il diluvio. In aeroporto, in piazza Garibaldi. Il
pubblico merita la Serie A“.
Quando hai capito che ce l’avete fatta?
“Siamo stati in testa dall’inizio del campionato, la speranza c’è sempre stata. Ma sono andati tutti forte, da una vita non si vedeva una B così. Ce la siamo dovuta sudare”.
Presidente Krause
“A Bari era il più felice di tutti. Il cammino non è stato facile ma ci ha creduto sempre. Ama il Parma e ama questo sport”
Lo chiama football o soccer?
“Né football, né soccer. Ha imparato a chiamarlo calcio. Non è solo una parola, si porta dietro una cultura”
“Ha un’idea di gioco che può funzionare in ogni situazione. È moderno, sa gestire un gruppo giovane e multiculturale”.
Cosa manca alla rosa per la Serie A?
“Qualche ritocco andrà fatto, ma la base è buona. L’importante sarà tenere i migliori, sapendo che hanno tanti occhi addosso”.
Errori da non commettere?
“Rivoluzionare un gruppo che funziona può essere un errore. Ma
anche non capire che una squadra che vince in B possa non funzionare in A. Non è facile”
Mercato?
“Quello che abbiamo avuto finora. Bernabé è arrivato a zero dal Manchester City. Benedyczak lo abbiamo preso dallo Stettino in Polonia, ed è costato poco.
Circati è un prodotto del vivaio. Sohm
e Mihaila erano già qui quando il Parma è retrocesso. Il monte stipendi si riduce e i risultati migliorano”.Esperienza in Cina?
“Dal punto di vista personale è stato stimolante. A livello professionale, complicato. Lì il calcio è gestito a livello centrale, c’è una regia statale. Ma non si è mai creata la base degli appassionati”.
MLS?
“Ormai è una top league per strutture, stadi, centri sportivi. Dal punto di vista tecnico è in crescita. Hanno programmazione, convinzione e idee. A Miami mi ha portato Paolo Maldini, gliene sarò sempre grato”.
Guardiola al Brescia?
“Aveva una personalità incredibile, sapeva relazionarsi con chiunque. La sua passione smisurata per il calcio era quasi un’ossessione. Non è mai stato solo un calciatore.
Bastava sentirlo parlare per capire che vedeva cose che gli altri non vedevano. Come capitano del dream team, il Barcellona di Cruyff, già ragionava da tecnico”.
Pirlo allenatore?
“Andrea è intelligente e l’intelligenza nel calcio serve, come in ogni ambito. Dietro all’aspetto tranquillo, nasconde una personalità forte. Le carriere, tranne rari casi, non sono lineari. Si è messo in gioco.
Dopo la Juve è andato in Turchia, poi alla Samp. Sta costruendo un percorso importante. Non è facile calarsi in altri ruoli, dopo essere stati campioni in campo”.
Quanto manca Baggio al calcio?
“Tanto, ed è un peccato. Aveva un talento incredibile. È una persona perbene, un grande professionista. Ha valori umani e intuizioni che
potrebbero essere utili a chiunque, nel calcio e non solo”.
Quanto le manca Mazzone?
«Tantissimo. Ho fatto le prime esperienze come direttore
sportivo con lui a Brescia. Subito dopo il presidente Corioni, è la persona a cui devo di più».
Professionista senza un passato da calciatore
«Non ero abbastanza bravo. L’ho capito in fretta, ed è stata una fortuna. Per chi non ha una carriera da atleta alle spalle, riuscire a stare in questo mondo è una grande soddisfazione. Sacchi dice che per fare il fantino non è necessario essere stato un cavallo: una frase bellissima»
Aggiornato al 07/05/2024 12:12
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