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La rivoluzione di Inzaghi: da “quinto a quinto” a “terzo a terzo”
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Il gol di Bisseck, con il quale l’Inter ha messo una pietra tombale sul campionato, è un’altra rivoluzione di Simone Inzaghi.
Ci sono vocaboli, talvolta intere espressioni, che entrano nel gergo comune anche senza bisogno di essere dalla Treccani identificati come veri e propri neologismi. Questo accade soprattutto nell’ambito della comunicazione e in maniera particolare in quella sportiva. Celebre l’espressione “da quinto a quinto“, utilizzata da cronisti e opinionisti per esemplificare i gol arrivati da una fascia all’altra per chi gioca con la difesa a tre.
Inzaghi did it again: “da terzo a terzo” è già una hit
Il termine “braccetto” non piaceva a tutti, ma è innegabile come l’interpretazione del ruolo del centrale a tre (soprattutto quella dei laterali difensivi) sia diversa da quella del centrale a due. Serviva, per tanto, un modo differente di riferirsi a coloro che occupavano quella posizione. Ed ecco che l’espressione “terzi” entra in maniera prepotente nel dibattito calcistico, figlia dell’espressione “da quinto a quinto” poc’anzi sciorinata.
Se il “quinto di centrocampo” è colui che gioca ai lati di un centrocampo a cinque, accezione rivolta esclusivamente a chi si schiera con una linea difensiva a tre, allora il “terzo di difesa” è colui che gioca ai lati di una linea difensiva a tre. E se l’esperimento patrocinato dall’Atalanta di Gasperini, che per prima ci ha fatto vedere l’assist di un quinto per la rete dell’altro quinto, è stata ripetuta sino a sfociare nell’emulazione, è la prima volta nel calcio moderno che si vede un gol confezionato direttamente dai due terzi di difesa.
La rete con cui l’Inter di Simone Inzaghi ha sconfessato il tabù Bologna, unica squadra ancora imbattuta contro la corazzata nerazzurra in questa stagione, è arrivata proprio su un cross di Bastoni (il “terzo di sinistra“) per il colpo di testa dell’altro “terzo” ovvero quello di destra: Bisseck. E’ risaputo che i laterali di difesa delle linee a tre debbano spingersi in avanti e partecipare alla costruzione della manovra, e se già Inzaghi aveva reso questo concetto un must della filosofia delle proprie squadre ora lo ha portato al suo non plus ultra.
L’Inter di Inzaghi è la squadra più moderna d’Europa e ha sconfessato definitivamente l’anacronistico concetto di “modulo”. E proprio l’integralismo tattico, ovvero la sua scelta di non derogare mai dal 3-5-2, era stato uno dei principali capi d’accusa rivolti dalla tifoseria laziale al tecnico piacentino.
Nonostante non cambi mai sistema di gioco, l’Inter è la squadra italiana che offre la più ampia varietà di soluzioni di gioco. Sintomatico di come i moduli, oramai già da qualche anno, servano soltanto per disegnare le squadre nelle grafiche. I giocatori in campo non interpretano più un ruolo ma eseguono dei compiti che sono mutevoli in base ai momenti della partita e alle sue fisiologiche contingenze.
Una consapevolezza che serpeggia sempre meno nella mente del fruitore medio, ancorato a concetti arcaici inseriti a forza nella sua testa dall’eccessiva semplificazione a cui i mass media li hanno sottoposti. Il calcio è uno sport semplice, è vero, ma fra “semplice” e “semplicistico” vi passa un oceano.
Focus
Inter, Marotta: “La nostra mission: considerare lo sport una palestra di vita”
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Il presidente dell’Inter Beppe Marotta, in occasione dell’evento Costituzione e Sport, ha parlato del lato tossico delle performance giovanili.
Il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, intervenuto al Convegno di Costituzione e Sport tenuto al Palazzo Lombardia, non ha esitato a ribadire l’influenza negativa nella formazione dei giovani dovuta all’eccessiva pressione da parte dei familiari dei giovani calciatori.
Le conseguenze di tali pressioni possono riversarsi sulle performance dei giovani. Secondo il punto di vista del Presidente, ciò che bisogna trasmettere ai giovani calciatori è l’educazione dello Sport; guidare i ragazzi in un percorso di crescita, lavorando sui propri obiettivi formativi e in un lavoro di squadra.
La squadra riconosce il valore educativo dello sport: i genitori tendono ad imporre nei ragazzi le regole, spesso non costruttive e degenerative per la formazione giovanile. Nell’Inter c’è una selezione forte mirata ad un solo obiettivo, ovvero considerare lo sport una “palestra di vita”, come ha detto Marotta.
Ciò che bisogna cogliere dal lato produttivo dei giovani è la determinazione a vincere e crescere in squadra, nonostante gli ostacoli che la burocrazia impone.
Inter, le parole di Giuseppe Marotta
“Quando si parla di presidente dell’Inter si parla di una squadra che ha milioni di supporter nel mondo. Non tutti riconoscono la valenza sociale che l’Inter rappresenta, noi abbiamo una filiera di squadra di donne e uomini, tutto questo per avere 700 tesserati. Abbiamo una responsabilità sociale nei loro confronti.
I genitori spesso impongono nei ragazzi delle aspettative pesanti, noi ci troviamo a gestire queste situazioni. Dobbiamo essere capaci, siamo dotati di profili professionali. Nell’Inter c’è una selezione molto forte, non possiamo mai perdere di vista la nostra mission, ovvero considerare lo sport come palestra di vita. Non ci riusciamo spesso perché i genitori impongono aspettative fuori luogo. È un ruolo molto delicato, non solo di formazione sportiva”.
E ancora: “Mi rifaccio al concetto che la costituzione con l’articolo 33 riconosce il valore educativo dello sport, il contesto di riferimento è il calcio, che è molto cambiato perché è cambiato il riferimento delle squadre. Prima c’era il fenomeno del grande imprenditore, ora 12 società su 20 sono di proprietà straniere. Sono venute meno anche le forme di sponsorizzazioni locali. Queste società sono costrette a dover far pagare la retta, andiamo intorno ai 1.000 euro all’anno per ragazzino, è chiaro che una famiglia che ha un reddito basso ha un approccio diverso.
I veri talenti che potevano essere i Baggio, gli Antonioni, i Del Piero, arrivano dal mondo dell’oratorio, della strada. Adesso anche l’oratorio deve far pagare la retta. Ecco allora che deve intervenire lo Stato, non ne parlo in maniera critica, il fatto di poter avere le scuole a tempo pieno e far si che accanto alla scuola ci sia la continuità nel pomeriggio può essere un aspetto.
Oggi il vero problema sono le strutture, noi come Serie A con 1,2 miliardi che versiamo all’erario siamo tra i maggiori contribuenti, e allora una defiscalizzazione per chi investe nello sport potrebbe aiutare a dotarsi di strutture per essere anche un polo attrattivo per i giovani”.
Focus
Serie A: spareggi amari, forse anche di più…
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Annata disastrosa per la Serie A in Europa: delle cinque squadre in corsa per un posto nelle coppe, solo la Roma esce vittoriosa e va a Nyon.
Si nutrivano grandi speranze per il proseguimento nelle Coppe Europee per le squadre italiane. Gli spareggi hanno dato esiti e riscontri tutt’altro che positivi, ma andiamo per gradi e cominciamo dal principio.
I risultati della scorso viaggio europeo erano stati fenomenali, concludendosi con il diritto di avere cinque compagini italiane in Champions League: Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Bologna.
Roma, Lazio e Fiorentina, poi, chiudevano il pacchetto, rispettivamente in Europa League le prime due e la Viola in Conference League. Le aspettative erano pesanti, ma giustificate: visto che il nostro campionato è tra i top-5 a livello internazionale.
“Non c’è nulla che vada come previsto, è l’unica cosa che ci insegna il futuro quando diventa passato.” Così affermava Daniel Pennac, nel suo “Diario di scuola.” Il docente e scrittore francese, in questo romanzo autobiografico, spiega le difficoltà e le paure del fallimento scolastico. Lui stesso ammette però di essere stato un cattivo studente, preoccupato del fallimento.
Una frase, la sua, che si presta perfettamente con la situazione del calcio italiano in Europa in questo momento. Le scuole sono le competizioni, i team gli studenti. Ogni squadra ha avuto problemi con la paura di crescere, probabilmente.
Disastro Serie A in Champions League
Il Milan in primis. La squadra di Conceicao aveva già fallito la prima “interrogazione” a Zagabria. E, proprio come il proverbio, ha poi perseverato (diabolicamente) nello sbagliare l’approccio di studio dello spareggio. Il Feyenoord, sulla carta, non rappresentava un grande ostacolo per i rossoneri. Dopo l’andata ci si aspettava un cambio di rotta, una reazione rabbiosa: arrivata subito col gol dell’ex Gimenez. Poi i soliti problemi e Theo Hernandez espulso dal direttore di gara anzitempo hanno mostrato la fragilità di testa, e gioco, del Milan.
Considerazioni: rossoneri rimandati con ingenti perdite, forse, a settembre.
Come il Milan la Juventus. La squadra di Thiago Motta cade nel supplementare di Eindhoven, dopo la vittoria a Torino. Succede tutto in ventuno minuti. Olandesi in gol con Perisic (53′) e Saibari (74′), con il gol del momentaneo pareggio juventino di Weah (63′). A sancire l’uscita dalla competizione dei bianconeri il 3-1 di Flamingo, difensore olandese classe 2002.
Considerazioni: Juventus in campo per un tempo. Non Abbastanza.
Discorso diverso per l’Atalanta. La Dea, defraudata all’andata del pareggio (2-1 finale per i belgi viziato da un rigore a dir poco generoso), crolla a Bergamo. Irriconoscibili i ragazzi di Gasperini. Il Club Brugge s’impone 3-1 grazie alla doppietta di Talbi e al gol di Jutgla. Effimera la rete di Lookman in una partita inguardabile dell’Atalanta, condita anche dall’espulsione di Toloi nel finale.
Considerazioni: l’attenuante dell’andata ingiustificabile dato il ritorno disastroso.
Unica compagine esclusa da questi giudizi è il Bologna. I ragazzi di mister Italiano alla prima apparizione in Champions League a sessant’anni dall’ultima volta, di per sé avevano già raggiunto un grande traguardo e possono ritenersi abbastanza soddisfatti del percorso. La vittoria contro il Borussia Dortmund è sicuramente la ciliegina sulla torta per i rossoblù, a cui si aggiungono anche 3 pareggi (Shakhtar, Benfica e Sporting). Considerazioni: emozioni che resteranno indelebili nei cuori di tutta Bologna.
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il pallone della champions league ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Europa League: bene la Lazio, Roma “a metà”
Se lo spareggio Champions ha lasciato un profondo amaro, l’Europa League “sorride” alla Serie A. Spareggio che vedeva impiegata solo la Roma, con la Lazio spettatrice interessata.
Una Europa League di certo non come la Roma si aspettava. Ranieri & co. hanno dovuto sudare fino all’ultima giornata per entrare nel playoff. L’avversario designato dal sorteggio è stato il Porto: ostici, ma non imbattibili. Lontani parenti di quella squadra che qualche tempo fa metteva paura all’Inter in Champions.
A Oporto un pareggio (1-1) tutto sommato giusto, con qualificazione rimandata nell’Urbe. Segnali di sfortuna ci sono stati. L’assenza di Dovbyk prima dell’inizio e il vantaggio degli ospiti con Aghehowa al 27′, per esempio.
I ragazzi di Ranieri, però, complice anche il frastuono dei tifosi che non smette mai di accompagnarli, non si sfalda. Il pareggio arriva dopo soli otto minuti con il solito Paulo Dybala, che al 39′ poi raddoppia per i giallorossi. Pisilli all’83’ fa 3 a 1 e a nulla serve al Porto l’autogol di Rensch, a recupero scaduto. Giallorossi a Nyon con lo spettro del derby agli ottavi, poi scongiurato per via del sorteggio con l’Athletic Bilbao.
Considerazioni: derby agli ottavi sarebbe stato meraviglioso per la piazza, ma un pò meno per il Ranking.
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UEFA EUROPA LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Tutti a Nyon…quelli rimasti, almeno
Otto squadre hanno partecipato. Solo quattro proseguono. Il sorteggio di Nyon per gli ottavi di finale è andato per la sua strada, ma non certo quella che ci si aspettava. La Roma, sopravvivendo, si unisce a Inter, Lazio e Fiorentina. Nota di merito per le ultime tre, avanti senza passare per gli spareggi. Bilancio decisamente negativo per la Serie A. Soprattutto per il ranking per il posto extra in Champions. Quasi impossibile, vista l’accelerata spagnola e la pesante flessione della Serie A. Non ci resta che aspettare.
Francesco Ceci
Focus
Juventus, Conceição tra dribbling e limiti: un talento ancora acerbo
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La Juventus vince a Cagliari ma non convince del tutto. Tra gli insufficienti spunta anche Conceição, che continua a mancare nell’ultima giocata.
Fumoso. È questa la prima parola che viene in mente quando si parla di Francisco Conceição, di certo una delle note più liete della stagione complicata della Juventus. L’esterno portoghese, arrivato in estate in prestito oneroso dal Porto per 10 milioni di euro, ha tutte le caratteristiche che si chiedono a un esterno offensivo: dribbling, velocità, rapidità e fantasia.
Pecca in termini di fisicità, ma compensa sempre con grande carattere e agonismo. Eppure, ogni volta che scende in campo lascia la sensazione che potrebbe dare molto di più.
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Francisco Conceicao during Liga Portugal game between FC Porto and SL Benfica at Estadio Do Dragao, Porto, Portugal. (Maciej Rogowski)
Conceição, quando l’ultima scelta fa la differenza
Il problema principale di Conceição è la scelta nell’ultima giocata. Quando riceve palla, punta immediatamente l’uomo, abbassa la testa e parte in velocità. Il guaio è che spesso non la rialza più.
Sembra non valutare mai con attenzione il piazzamento dei compagni, insistendo su azioni personali che si concludono con un cross alla cieca o un tiro forzato e ignorando soluzioni più efficaci.
Il classe 2002 ha collezionato finora 5 gol e 5 assist in 28 partite tra tutte le competizioni: numeri discreti per un’ala giovane alla prima esperienza in Serie A. Tuttavia, da un giocatore con il suo talento ci si aspetta un impatto più incisivo.
È un pericolo costante per le difese avversarie, che tendono a raddoppiarlo ogni volta che entra in possesso del pallone, e rappresenta sicuramente un’arma importante nello scacchiere di Thiago Motta.
Nonostante questo, però, il tecnico bianconero dovrà lavorare molto su di lui, soprattutto considerando che in estate serviranno altri 30 milioni di euro per acquistarlo a titolo definitivo.
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CRISTIANO GIUNTOLI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Juventus, un investimento che merita fiducia
Le qualità di Conceição sono indiscutibili, ma il portoghese dovrà fare uno step importante per guadagnare un posto da titolare indiscusso in una Juventus che vuole tornare al vertice in Italia e in Europa.
Deve affinare le sue scelte in fase offensiva, imparare a leggere meglio il gioco e rendersi più efficace sotto porta. Il talento c’è, il potenziale anche: ora sta a lui dimostrare di essere pronto per il salto di qualità.
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