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Laziali ingrati, fischiano Acerbi e attaccano Inzaghi: si meritano Lotito

L’Inter passeggia sulla sgangherata Lazio di Sarri e lo fa esibendo gli epurati dalla tifoseria: il figliol prodigo Acerbi e il condottiero Inzaghi.

Alzi la mano chi si aspettava un risultato diverso. Eccezion fatta per qualche irredentista dell’ottimismo, credo nessuno abbia mosso un muscolo. Perché la partita di domenica sera è stata la naturale conseguenza del momento antitetico che stanno vivendo le due compagini.

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Lazio e Inter agli antipodi

Da una parte una società seria, con un organigramma aziendale ricco non solo in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi. Dove il presidente fa solo il presidente (tradotto: mette i soldi e ogni tanto, ma solo quando è strettamente necessario, si fa vedere in pubblico) e lascia a coloro che capiscono veramente di calcio (i dirigenti) il compito di occuparsi delle questioni di campo.

Alla Lazio il padre padrone Lotito fa e disfa. Il mercato lo fa lui. I giocatori li sceglie lui (e infatti si vedono i risultati) e ovviamente al prezzo che dice lui. Poi però per i suoi di giocatori, non si capisce bene sulla base di quali meriti sportivi, chiede cifre spropositate e chiaramente fuori mercato.

Richieste che, ovviamente, nessuno sano di mente è mai disposto a soddisfare. Ciò periodicamente (ogni 2 o 3 anni in media) farcisce la rosa della Lazio di giocatori scontenti e/o appagati, creando malumori nello spogliatoio e minando quella che (almeno a parole) è sempre stata la priorità del patron bianco celeste: ovvero la sacra coesione dell’ambiente.

Il virtuosismo del “metodo Marotta

Da una parte una società (l’Inter) che non ha paura di lasciar andare i propri pezzi pregiati, perché sa di essere arrivata a prenderli con la programmazione e la competenza e non con la fortuna, e che non procrastina inutilmente la rivoluzione tecnica quando ne inizia a intravedere i prodromi.

I nerazzurri quest’anno, dopo una finale di Champions League e due trofei in bacheca, hanno avuto il coraggio di fare ciò che andava fatto e questo a prescindere da quanto fosse impopolare. Ha salutato Onana, Gosens, Brozovic, Dzeko e Skriniar. E nonostante queste perdite dolorose l’Inter di quest’anno è molto più forte di quella dell’anno scorso.

Adesso è opinione comune. Sentimento diffuso. Viene quasi naturale dirlo ai quattro venti, ma questa estate nessuno la pensava così. Il sottoscritto se lo ricorda perfettamente, in quanto (come sempre) era l’unica voce fuori dal coro. Poi il tempo e il campo, come spesso accade, mi hanno dato ragione. Ora tutti sul carro di Marotta, Thuram e Sommer, ma questa estate tutte vedove di Onana e sembrava che senza Lukaku a pallone non ci si potesse più giocare.

La Lazio, invece, dopo un secondo posto e la terza stagione consecutiva senza uno straccio di trofeo, ha pensato che andasse tutto bene così. Ha pensato che i giocatori fossero forti, crogiolandosi sulla seconda metà di stagione ma dimenticandosi totalmente della prima parte e della disastrosa campagna europea che aveva già mostrato il vero valore della rosa.

La Lazio ferita dai propri ex

Ho soprasseduto sulla partita poiché partita non c’è stata. Ho sentito dire che “la Lazio non ha giocato male“. Un mantra sciorinato a più riprese quest’anno, nel pervicace tentativo di continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto.

Per me una squadra che in novanta minuti fa un tiro in porta, e per di più con un azione personale e totalmente fuori dallo spartito del suo vertice basso di centrocampo, non ha giocato male: non ha giocato proprio. In questo senso c’è da sperare che da lassù qualcuno preservi Rovella. Unica nota lieta (con lui anche Guendozi) del disastroso mercato estivo del tuttologo Lotito.

E in questo senso i laziali hanno dimostrato ancora una volta di non aver capito il trucco. Fischiando Acerbi a ogni singolo tocco di palla e dicendone di ogni a Inzaghi. Il primo è stato scaricato da Sarri manco fosse un Gila qualsiasi (il cui agente ha pure avuto il coraggio di venire a Formello a battere cassa per due partite fatte decentemente) salvo poi dimostrare di valere tutta la difesa della Lazio (Romagnoli escluso) anche giocando su un piede solo.

Ma soprattutto Inzaghi, che per anni (lui sì) ha nascosto la polvere (i problemi della Lazio) sotto il tappeto grazie al proprio lavoro. Lo straordinario lavoro di Inzaghi ha fatto sembrare normali risultati che normali non lo erano affatto.

E adesso che se n’è andato e al suo posto è arrivato un tecnico “normale”, che io continuo a esentare da colpe (non quelle principali almeno) ma che oggettivamente nulla ha dato a questa squadra nell’ultimo triennio, l’eco del suo spettro che infesta Formello torna a sibilare in maniera sempre più insopportabile per la narrativa di Villa San Sebastiano.

Aggiornato al 19/12/2023 16:25

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Pubblicato da
Marco Palleschi Terzoli
Tag: InterLazio

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