L’ABBRACCIO TRA JOSE MOURINHO E MAURIZIO SARRI ( FOTO FORNELLI/KEYPRESS )
Nel calcio, a volte, possono bastare una manciata di partite per cambiare umore e pronostici. Lo sanno bene sia Lazio che Roma.
14 Gennaio 2024. 19esima giornata di Serie A. La Roma, di lì a poco senza allenatore, perdeva tre a uno a San Siro contro il Milan e scivolava al nono posto in classifica. Poche ore prima la Lazio, allo Stadio Olimpico, batteva (seppur a fatica) il Lecce e conquistava il momentaneo quarto posto.
A giudicare dall’umore della piazza romana, notoriamente schizofrenica e volubilmente recentista, sembra passata una vita. E invece sono passate appena tre giornate di campionato.
Non mi rimangio quanto detto tre settimane fa. L’esonero di Mourinho è stato un atto di lesa maestà. Poiché la Roma era sì nona in classifica, ma a cinque punti dal quarto posto. E alle porte giallorosse si presentava un trittico di partite che avrebbe tranquillamente vinto anche il portoghese.
Questo lo sanno anche i romanisti. Tuttavia, la sensazione a Trigoria è che qualcosa fra José e lo spogliatoio si fosse incrinato. Se i Friedkin, che sicuramente conosceranno le dinamiche interne alla Roma molto meglio del sottoscritto, hanno percepito uno scollamento fra parte dello spogliatoio e il suo condottiero, allora era giusto cambiare: ma non prima di fine stagione
.Rimango convinto del fatto che Mourinho avrebbe portato questa squadra al quarto posto. Seppur zavorrata dal confusionario e raffazzonato mercato di Tiago Pinto, la rosa giallorossa (nonostante sembra sia stata assemblata da un cieco o comunque da uno che di calcio ne capisce poco) ha delle peculiarità che le altre competitor non hanno anno e che, nella mediocrità generale di un campionato in via d’estinzione come la Serie A, sono decisive.
Su tutti, ovviamente, due come Lukaku e Dybala. Chiaro, il valore della Roma sin qui è stato teorico e non pratico. C’è bisogno che tutte le sue componenti remino dalla stessa parte, com’è stato nei primi due anni sotto l’illuminata egida del Vate di Setubal, e questa coesione sembrava mancare.
L’anima del rinascimento giallorosso, Lorenzo Pellegrini, sembra molto più centrato rispetto al recente passato e non può essere solo una questione di assetto offensivo. Smalling era totalmente sparito dai radar. Nessuno sapeva che fine avesse fatto o quando sarebbe rientrato, salvo poi ricomparire all’improvviso sui social (e ora anche a Trigoria) dopo il cambio di allenatore.
Che la Roma avesse bisogno di una ventata d’aria fresca lo pensavo già questa estate, ma se i Friedkin hanno deciso per l’esonero in corsa è perché non potevano permettersi di non rinnovare il contratto all’allenatore che aveva riportato la Roma in Champions dopo cinque anni.
(FOTO FORNELLI/KEYPRESS )
Per la Lazio vale lo stesso discorso fatto poc’anzi per la Roma. I bianco celesti hanno affrontato l’Empoli. Il Frosinone. L’Udinese e il Lecce. Un bottino pieno (o quasi) era facile da prevedere, così come era facile prevedere i punti persi non appena il coefficiente di difficoltà della partita si sarebbe alzato.
Inter in Supercoppa, poi Napoli e Atalanta in campionato. Un pareggio e due sonore lezioni di calcio da due squadre nettamente più forti. Questo perché il valore della rosa laziale è comprovato e riconosciuto da tutti. Tranne che dai laziali. E allora ecco che ripartono i processi. Ai giocatori. Al tecnico.
Sarri, nel giro di tre partite, è passato dall’essere un maestro di calcio alla causa di tutti i mali della Lazio. Ovviamente non è né l’una né l’altra cosa, ma questo è il meccanismo di difesa psicologico che inconsciamente i laziali attivano a ogni sconfitta.
Inconsciamente per alcuni. Altri non solo lo fanno scientemente, ma con un occhio molto attento al proprio conto in banca. Sarri sa bene che questa squadra non è minimamente attrezzata anche solo per sognarlo il quarto posto, figuriamoci per averlo come obiettivo minimo.
E l’averlo sbandierato pubblicamente, pervaso da una sincerità kantiana che nel calcio moderno è anacronistica e controproducente, l’ha reso il pericolo pubblico numero uno in quel di Formello. Dove il diktat arrivato da Villa San Sebastiano, sul tessere una narrativa fedele al regime, è piuttosto chiaro.
Non che il tecnico sia totalmente esente da responsabilità, ma i suoi limiti erano talmente noti da renderlo incompatibile con il modus agendi di Lotito. Sarri è sempre stato Sarri, nel bene e nel male. Nella sua esperienza alla Lazio così come nel resto della sua documentata carriera. Se lo assumi devi essere conscio di oneri e onori, altrimenti l’errore sta a monte. Ingaggiare Sarri e poi non assecondarlo sul mercato è un grave errore di programmazione.
Aggiornato al 10/02/2024 12:16
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