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Bologna, verso l’Hellas Verona: i dubbi di Mihajlovic

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Calciomercato Bologna De Silvestri

Ritorna il campionato con la terza giornata, il Bologna aspetta l’Hellas Verona nel posticipo di lunedì sera.

Lunedì 13 alle 20.45 arriva al Dall’Ara l’Hellas Verona di Di Francesco. Sarà la prima partita dopo la chiusura del calciomercato estivo e quindi non dovrebbero esserci le distrazioni, che possono aver minato la preparazione dei primi due turni di campionato.

Intanto c’è stato il ritorno al campo di allenamento, oggi si riprende con un doppio allenamento alle 10 e alle 16: ranghi ancora incompleti per Mihajlovic che vedrà il graduale rientro dei giocatori impegnati in Europa, mentre per i sudamericani Medel e Dominguez se ne riparlerà sabato pomeriggio, a due giorni dalla sfida.

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Le possibili scelte di Mihajlovic contro l’Hellas Verona

Le possibili scelte di Mihajlovic contro l'Hellas Verona

Medel

Intanto si stanno valutando le possibili scelte del tecnico verso il posticipo: primi allenamenti del nuovo acquisto Arthur Theate con la maglia rossoblu e ripresa graduale per Vignato, che pare abbia recuperato dall’affaticamento muscolare e dovrebbe essere disponibile per lunedì.

A centrocampo si attende di verificare le condizioni al rientro di Medel e Dominguez: il cileno, se in grado, sarà titolare, è ritenuto indispensabile per gli equilibri difensivi, mentre Svanberg potrebbe essere favorito su Dominguez, con Schouten e Soriano a completare il centrocampo.

Svanberg chiamato a recuperare il posto da titolare: il mediano svedese viene da una stagione da 5 gol, ma l’estate ha portato con sé il Covid che gli ha fatto saltare Europei e preparazione estiva, che gli ha fatto perdere posizioni rispetto a Nico Dominguez che ben si è comportato nelle prime uscite ufficiali.

Un altro rebus da risolvere è quello sulla corsia sinistra: Barrow si sta riprendendo dopo un calo di condizione dovuto al Covid, ma potrebbe ancora esserci Sansone, come a Bergamo in alto a sinistra. In basso invece Hickey è favorito su Dijks.

 

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Serie A

Roma-Lazio, cosa c’è dietro al battibecco Dybala-Guendouzi

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La Roma porta a casa il derby con la Lazio, ma i riflettori sono tutti sul gesto di Dybala nei confronti di Guendouzi. C’è un precedente dello scorso anno.

La Roma vince il derby e Paulo Dybala si prende la scena. Non solo per le giocate, ma anche per il  battibecco nei confronti di Matteo Guendouzi. Già nel derby di ritorno dello scorso anno (vinto per 1-0 dalla Roma di De Rossi sulla Lazio di Tudor) c’erano state delle schermaglie tra i due.

Roma

L’ARBITRO LUCA PAIRETTO SEDA LA LITE TRA MATTEO GUENDOUZI E MANU KONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Roma, schermaglie Dybala-Guendouzi, cosa c’è dietro al gesto dell’argentino

La Roma vince il  derby per 2 a 0 con reti di Pellegrini e Saelemaekers, ma a tenere banco è soprattutto il battibecco che c’è stato in campo tra Dybala e Guendouzi. L’argentino ha fatto il gesto della mano del cinque, cioè di aver vinto 5 volte il campionato e Guendouzi zero. Ma già lo scorso anno erano stati protagonisti di una scaramuccia, durante il derby vinto sempre dalla Roma per 1 a 0.

In quella occasione, sia durante la partita che al fischio finale, tra l’argentino e il francese c’erano state qualche parola di troppo, ma soprattutto la provocazione di mostrare il parastinco da parte di Dybala a Guendouzi: che raffigurava la vittoria del Mondiale del 2022 in Qatar dell’Argentina contro la Francia.

Quindi screzi antichi, che hanno, sia quella volta che ieri, fatto saltare i nervi ai giocatori della Lazio, con un finale incandescente e l’espulsione di  Castellanos nel recupero. Anche lo scorso anno ci fu un finale tumultuoso, tanto che l’arbitro di quel derby, il signor Guida, dovette estrarre più volte il cartellino giallo.

Quindi quello che è avvenuto ieri allo Stadio Olimpico non è un episodio nuovo, ma il secondo round di quello che è capitato nell’ultimo derby della scorsa stagione. Certamente questo gesto da parte dell’argentino lascerà degli strascichi nei prossimi giorni nell’ambiento romano.

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Torino, concluso il girone di andata: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?

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Torino

Si conclude il girone di andata anche per il Torino di Vanoli. I granata hanno una posizione di classifica confortante in chiave salvezza, ma poco ambiziosa.

Con l’addio in estate di Ivan Juric e l’arrivo di Paolo Vanoli sulla panchina granata, si poteva pensare ad un cambiamento che potesse rompere la monotonia che ha caratterizzato il Torino in queste ultime stagioni.

Il risultato al termine del girone di andata però, non supporta questa tesi: infatti, la squadra si trova nella sua abitudinaria posizione di metà classifica dalla quale non riesce ne a scendere ne a salire. Il tema salvezza sembra essere stato archiviato, ma nonostante questo, sembra non è esserci quell’ambizione e quella voglia di voler provare a fare il salto di qualità.

Il lavoro di Vanoli fin qui

Volendo valutare ad analizzare quanto di buono e meno buono è stato fatto da Vanoli fino ad adesso, bisogna prima mettere in evidenza il difficile contesto all’interno della quale si è ritrovato. Infatti, nell’ambiente granata c’è una rottura totale tra la società ed i propri tifosi, i quali chiedono a gran voce la cessione, creando allo stadio un continuo clima di contestazione ed insoddisfazione che di certo non aiuta il lavoro dell’allenatore.

A queste problematiche extra campo bisogna anche aggiungere un mercato estivo decisamente insufficiente ed infortuni pesanti che hanno inciso sul progresso della squadra, su tutti quello del colombiano Duvan Zapata. Parlando di calcio, il Torino fino alla sfida di San Siro contro l’Inter dove ha perso il suo capitano, aveva totalizzato 11 punti in 6 giornate di campionato, mettendo in scena una qualità di calcio di ottimo livello.

Da li in poi la squadra ha perso quell’energia positiva che si stava creando, dando vita ad un filotto di risultati piuttosto negativi. Rimangono incise negli occhi dei tifosi granata quelle prime partite di campionato, che hanno suscitato l’emozione e la speranza di tornare a fare qualcosa di grande.

Torino: brillano Ricci e Adams, ma tante delusioni

In questa stagione si sta consacrando il talento di Samuele Ricci, il quale sta completando il suo periodo di maturazione per poi sbarcare con grande probabilità in una big del calcio italiano o estero. Tra le note positive di questa prima parte di campionato c’è sicuramente lo scozzese Che Adams, che ha messo in mostra ottime doti sia da un punto di vista fisico che qualitativo.

Sono tanti i giocatori in rosa che invece sono partiti bene, ma con il calare delle prestazioni di squadra hanno abbassato anche il loro livello, deludendo le aspettative. Si tratta di calciatori come Ilic o Coco, partiti fortissimo ad inizio campionato, ma che successivamente hanno sfornato prestazioni al di sotto delle loro capacità.

Torino

SAMUELE RICCI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

 

 

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Napoli, da Verona al primato: cosa chiedere di più?

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Serie A, Napoli

Conclusosi il girone d’andata, il Napoli sembra ormai una squadra ritrovata. Il merito, ovviamente, è tutto del campione in panchina: Antonio Conte.

Il Napoli di Antonio Conte chiude il girone d’andata in vetta alla classifica, almeno momentaneamente, con Atalanta e Inter che devono recuperare rispettivamente una e due partite. 

I numeri sono impressionanti: 44 punti, 30 gol fatti e appena 12 subiti, accompagnati da ben 11 clean sheet che rendono gli azzurri la miglior difesa d’Europa, a pari merito con l’Atletico Madrid. 

Ciò che rende questo dato ancora più straordinario è che metà delle reti incassate sono arrivate in sole due partite: le sconfitte contro Hellas Verona e Atalanta. Proprio queste due gare, insieme al match con la Lazio, hanno rappresentato gli snodi cruciali della stagione azzurra, evidenziando un’evoluzione tanto tattica quanto mentale.

Napoli, Conte

Napoli’s Head Coach Antonio Conte portrait during Italian soccer Serie A match Hellas Verona FC vs SSC Napoli at the Marcantonio Bentegodi stadium in Verona, Italy, August 18, 2024 – Credit: Ettore Griffoni

Napoli, i fantasmi del passato nel crollo di Verona

La trasferta al Bentegodi contro il Verona sembrava un brutto deja-vu per il Napoli. La sconfitta per 3-0 non fu casuale, ma il risultato di una prestazione insufficiente sia in fase offensiva che difensiva. 

In quella partita riemersero tutti i limiti della scorsa stagione, con una squadra priva di idee e in balia dell’aggressività scaligera. Per Conte, quel match è stato un campanello d’allarme: era evidente che il Napoli necessitava di solide basi difensive per costruire una stagione ambiziosa. 

Sembrano passati secoli da quella disfatta, ma in realtà sono trascorsi solo pochi mesi. E proprio da quelle macerie, Conte ha iniziato a plasmare il suo Napoli.

Napoli Politano

L’Atalanta e la necessità di cambiare

La seconda battuta d’arresto significativa è arrivata contro l’Atalanta, un altro 3-0 che ha messo a nudo i limiti offensivi della squadra. Nonostante una difesa già più strutturata, gli azzurri mancavano di soluzioni nella metà campo avversaria. 

Questo risultato, seppur pesante, ha segnato un punto di svolta. Conte ha capito che non bastava blindare la porta per puntare in alto. 

Tra i protagonisti del cambio di rotta c’è stato Matteo Politano, vero jolly tattico: inizialmente sacrificato come terzino aggiunto nel 5-4-1 difensivo, è stato poi spostato più avanti per garantire un equilibrio tra attacco e copertura. 

Da quella sconfitta, Conte ha iniziato a disegnare un Napoli capace di essere pericoloso senza perdere solidità.

L'intervista a Marco Ballotta

L’URLO DI MARCO BARONI E DI ANTONIO CONTE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La lezione della Lazio: l’equilibrio ritrovato

La sconfitta contro la Lazio è stata l’ultima sveglia per il Napoli di Conte. Lo 0-1 subito al Maradona ha convinto il tecnico e il suo staff a spingersi oltre, trovando un approccio più propositivo che però non trascurasse la fase difensiva. 

Da quel momento, gli azzurri hanno collezionato quattro vittorie consecutive, segnando 9 gol e subendone solo 2. La squadra non è più attendista, ma cerca di dominare gli avversari in ogni zona del campo, con un atteggiamento camaleontico che varia a seconda delle situazioni di gioco.

L’ESULTANZA DEL NAPOLI CON ROMELU LUKAKU, DAVID NERES, MATHIAS OLIVERA E SCOTT MC TOMINAY ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Un Napoli in continua evoluzione

Arrivati al giro di boa, il Napoli si presenta come una delle realtà più solide del campionato. L’aspetto più affascinante è la capacità di adattarsi: attaccare gli spazi lasciati dagli avversari quando possibile, ma anche chiudersi con ordine nei momenti di difficoltà. 

Antonio Conte ha trasformato questa squadra, rendendola capace di vivere ogni partita come un equilibrio dinamico tra difesa e attacco. 

Intanto, il tecnico attende rinforzi dal mercato di gennaio per puntellare difesa e centrocampo, e chissà che con qualche aggiustamento non si possa sognare in grande già da questa stagione.

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